Plettro o non plettro? Tu che bassista sei?
Ehi Basswalker!
Oggi parliamo di quell’oggetto che provoca spesso sensazioni opposte tra i bassisti, amato da molti, odiato da altri; fondamentale secondo alcuni, totalmente inutile secondo altri…insomma, lui: il plettro.
Usarlo o non usarlo? Questo è il problema…
Ovviamente non scrivo queste righe per convincerti dell’una o dell’altra cosa, vorrei invece darti qualche indicazione che magari può tornarti utile.
Iniziamo dal principio, e cioè, come cerco di fare sempre, dalla storia: tutti ormai sappiamo (o dovremmo sapere) che Leo Fender inventò il P-bass nel 1951; quello che non tutti sanno, però (o per lo meno non in modo chiaro e univoco) è perché gli venne in mente di costruire il nostro strumento. Molti sostengono che il primo basso elettrico fu pensato per aiutare i contrabbassisti, regalandogli uno strumento più comodo e più “udibile”; ma in realtà c’è anche chi sostiene che lo strumento fu pensato per i chitarristi, per potergli permettere di “doppiare” le linee di basso del contra, e raggiungere l’obiettivo dell’udibilità delle stesse suonandole identiche ad un volume più alto.
Dove sia la verità non è importante, come spesso accade è molto probabile che entrambe le motivazioni furono alla base del lavoro di Fender, quello che conta è che, di fatto, fin dall’inizio della storia del basso elettrico, ci furono parecchi “chitarristi trapiantati” e questo ha di sicuro agevolato l’uso del plettro sul nostro strumento già dai primi anni ’50.
Facendo una breve ricerca, si possono trovare facilmente in rete, ad esempio, immagini che testimoniano l’uso di questo piccolo attrezzo fin da quei tempi: ad esempio sappiamo di un giovanissimo Joe Osborn, che nasce chitarrista e poi, una volta al basso, ne mantiene l’uso; oppure possiamo scoprire che il bassista di Eddie Cochrain lo usava proprio perché anch’egli ex-chitarrista. E l’elenco potrebbe naturalmente continuare, lungo tutto il decennio della nascita del rock’n roll.
(Joe Osborn)
Quindi? Può bastare questa breve lista a dare ragione a chi sostiene che il plettro sia in uso sul basso dall’origine dei tempi e, di conseguenza, faccia parte del DNA del nostro strumento?
Beh, se ancora non siete convinti, non dimenticate che anche la grandissima Carol Kaye lo ha sempre usato, e non solo nelle sue innumerevoli incisioni al servizio di artisti quali Beach Boys e simili, ma anche nelle sue esecuzioni più jazzistiche!
E quindi? (Direte voi)
Semplicemente voglio arrivare a farti capire l’importanza della completezza, nella conoscenza del nostro strumento, e del fatto che considero il suonare con il plettro una parte fondamentale di questa completezza.
Ho sempre sostenuto e l’ho ribadito spesso nei miei video, che a meno che non si abbia mire da professionisti, è sacrosanto concentrarsi sul proprio genere preferito e imparare al meglio quello; ma ho anche sempre detto che imparare quanta più musica possibile, dei più svariati generi, sia fondamentale per la crescita personale. Quindi, se è vero che anche il più “cattivo” dei metallari dovrebbe comprendere ad esempio i principi di una walking bass e dello swing, allo stesso modo chi ama jazz, latin, fusion o simili dovrebbe arricchire il proprio bagaglio tecnico il più possibile, e il plettro non può mancare. Perché, se è vero che, da un lato, il suono di quell’aggeggio che impatta sulle corde nuove e metalliche ci riporta subito alla mente il rock degli anni ’70/’80/’90, è anche vero che il basso elettrico, con quell’oggetto ci è nato, e una corda liscia e un pick-up al ponte, magari, possono farlo suonare diversamente… provare per credere!
Nel mio video corso “Il basso rock” trovi tutto un intero capitolo dedicato al plettro: video, dispense ed esercizi… te lo linko QUI, pensaci, Natale si avvicina!