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Plettro o non plettro? Tu che bassista sei?

Ehi Basswalker!

            Oggi parliamo di quell’oggetto che provoca spesso sensazioni opposte tra i bassisti, amato da molti, odiato da altri; fondamentale secondo alcuni, totalmente inutile secondo altri…insomma, lui: il plettro.

Usarlo o non usarlo? Questo è il problema…

            Ovviamente non scrivo queste righe per convincerti dell’una o dell’altra cosa, vorrei invece darti qualche indicazione che magari può tornarti utile.

            Iniziamo dal principio, e cioè, come cerco di fare sempre, dalla storia: tutti ormai sappiamo (o dovremmo sapere) che Leo Fender inventò il P-bass nel 1951; quello che non tutti sanno, però (o per lo meno non in modo chiaro e univoco) è perché gli venne in mente di costruire il nostro strumento. Molti sostengono che il primo basso elettrico fu pensato per aiutare i contrabbassisti, regalandogli uno strumento più comodo e più “udibile”; ma in realtà c’è anche chi sostiene che lo strumento fu pensato per i chitarristi, per potergli permettere di “doppiare” le linee di basso del contra, e raggiungere l’obiettivo dell’udibilità delle stesse suonandole identiche ad un volume più alto.

            Dove sia la verità non è importante, come spesso accade è molto probabile che entrambe le motivazioni furono alla base del lavoro di Fender, quello che conta è che, di fatto, fin dall’inizio della storia del basso elettrico, ci furono parecchi “chitarristi trapiantati” e questo ha di sicuro agevolato l’uso del plettro sul nostro strumento già dai primi anni ’50.

            Facendo una breve ricerca, si possono trovare facilmente in rete, ad esempio, immagini che testimoniano l’uso di questo piccolo attrezzo fin da quei tempi: ad esempio sappiamo di un giovanissimo Joe Osborn, che nasce chitarrista e poi, una volta al basso, ne mantiene l’uso; oppure possiamo scoprire che il bassista di Eddie Cochrain lo usava proprio perché anch’egli ex-chitarrista. E l’elenco potrebbe naturalmente continuare, lungo tutto il decennio della nascita del rock’n roll.

(Joe Osborn) 

          Quindi? Può bastare questa breve lista a dare ragione a chi sostiene che il plettro sia in uso sul basso dall’origine dei tempi e, di conseguenza, faccia parte del DNA del nostro strumento?

            Beh, se ancora non siete convinti, non dimenticate che anche la grandissima Carol Kaye lo ha sempre usato, e non solo nelle sue innumerevoli incisioni al servizio di artisti quali Beach Boys e simili, ma anche nelle sue esecuzioni più jazzistiche!

E quindi? (Direte voi)

            Semplicemente voglio arrivare a farti capire l’importanza della completezza, nella conoscenza del nostro strumento, e del fatto che considero il suonare con il plettro una parte fondamentale di questa completezza.

            Ho sempre sostenuto e l’ho ribadito spesso nei miei video, che a meno che non si abbia mire da professionisti, è sacrosanto concentrarsi sul proprio genere preferito e imparare al meglio quello; ma ho anche sempre detto che imparare quanta più musica possibile, dei più svariati generi, sia fondamentale per la crescita personale. Quindi, se è vero che anche il più “cattivo” dei metallari dovrebbe comprendere ad esempio i principi di una walking bass e dello swing, allo stesso modo chi ama jazz, latin, fusion o simili dovrebbe arricchire il proprio bagaglio tecnico il più possibile, e il plettro non può mancare. Perché, se è vero che, da un lato, il suono di quell’aggeggio che impatta sulle corde nuove e metalliche ci riporta subito alla mente il rock degli anni ’70/’80/’90, è anche vero che il basso elettrico, con quell’oggetto ci è nato, e una corda liscia e un pick-up al ponte, magari, possono farlo suonare diversamente… provare per credere!

Nel mio video corso “Il basso rock” trovi tutto un intero capitolo dedicato al plettro: video, dispense ed esercizi… te lo linko QUI, pensaci, Natale si avvicina!

Di |2023-11-02T17:09:46+01:00Novembre 3rd, 2023|basso elettrico, Esercizi per basso, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Plettro o non plettro? Tu che bassista sei?

È IMPORTANTE SUONARE TUTTI I GIORNI?

 

 

 

Ehi Basswalker!

 

Ti faccio una domanda scomoda: quanto tempo passi sul tuo strumento?

 

Riesci a suonarlo tutti i giorni?

 

Una delle cose più difficili da mantenere quando si cerca di imparare qualcosa di nuovo, soprattutto se non si è più proprio giovanissimi, è la costanza.

Non preoccuparti se ti rispecchi in questa cosa, è normale, sei assolutamente in buona compagnia! Il tempo, al giorno d’oggi, è sempre meno, bisogna lavorare sempre di più, per arrivare a fine mese, per raggiungere gli obiettivi lavorativi, per non perdere quello che si è costruito nella vita, per passare del tempo in famiglia… Insomma, non è facile ritagliarsi una quantità di tempo sufficiente tutti i giorni per vedere dei miglioramenti con il basso!

 

 

Però tutti quelli con cui parli ti dicono la stessa cosa: “devi suonare tutti i giorni!” “Ritagliati il tuo spazio!” Facile dirlo, quando no hai quattro bambini che girano per casa dalla mattina alla sera, un capo che ti stressa per due minuti di ritardo e un vicino di casa che alla prima nota ti urla dietro tutto il Rosario…Giusto?

 

 

Allora, adesso fai un respiro, prenditi un minuto e cerchiamo una soluzione “ad personam”, che si adatti alle tue esigenze e che ti permetta di non sentirti in colpa se non riesci a suonare un’ora tutti i giorni.

 

Punto uno: se leggi queste mail, se segui me invece di studiare in Conservatorio, io do per scontato che tu non abbia mire da professionista, giusto? Quindi ogni singolo minuto che tu dedichi al basso è un minuto guadagnato; non sentirti in obbligo a fare niente, migliorerai sicuramente sullo strumento, ma con i tuoi tempi, perché lo fai per divertirti, per rilassarti, e in quest’ottica hai consapevolmente scelto di farlo quando puoi farlo, non in ogni momento, ok? Se lavori 12 ore di fuori casa, e poi quando torni hai mille altre cose a cui pensare, non è indispensabile che tu riesca a mettere le mani sullo strumento.

 

Punto due: il tempo non si può comandare, ma si può ottimizzare. Il tuo mantra dovrebbe essere: “5 minuti”; prova a partire così, 5 minuti al giorno sono una bella impresa se sei in una situazione tipo quella descritta prima, ma non impossibile; se hai veramente voglia di fare qualche passo in più, 5 minuti si possono trovare: dopo pranzo portando il basso al lavoro? Dopo cena? Prima di addormentarsi? Vedi tu, ma è uno sforzo che puoi fare, credo. In quei 5 minuti ti giochi le tue carte, in base a come ti senti. Hai avuto una giornata stressante? Suona quel pezzo che ti piace, che già conosci e suoni bene, e fai correre le dita sulla tastiera. La tua mano ringrazierà e las tua testa anche.

Hai avuto una giornata tranquilla? Allora perché non provare a fare un po’ di tecnica o studiare velocemente qualcosa di nuovo?

 

Punto tre: non solo il tempo si può ottimizzare, ma anche…gli spazi. Una delle “scuse” che spesso sento da chi non può mai esercitarsi è “non posso fare casino a quell’ora”, oppure “do fastidio” … Allora, ci aiuta la tecnologia: pensa ad un oggetto come questo: ci attacchi il basso, la cuffia e volendo un metronomo, una drum machine, o il telefono che ti manda il brano che vuoi suonare. Non disturbi nessuno, recuperi i tuoi cinque minuti giornalieri e ti isoli dal mondo per un attimo. Poi togli le cuffie e tutto è come prima!

 

Nulla ti vieta ovviamente, appena hai un attimo di tempo, di suonare anche per mezza giornata di fila, sia ben chiaro! L’importante è trovare quella sorta di costanza, che ti permette di vivere lo strumento più serenamente e ti dia un po’ di autostima in più.

Ma ricorda, sempre senza stress!

 

Parafrasando un celebre spot tv degli anni 80: suonare è un piacere, se non è bello che piacere è?

 

 

Di |2023-07-27T12:15:48+02:00Luglio 27th, 2023|basso elettrico, Blog, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su È IMPORTANTE SUONARE TUTTI I GIORNI?

QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

 

 

 

Ehi Basswalkers!

 

Oggi voglio raccontarvi un po’ di come mi sono avvicinato al basso elettrico; sì lo so, probabilmente sarà un testo nostalgico tipico dei diversamente giovani come me, che quando si guardano indietro lo fanno un po’ come quelli che “ai miei tempi!” …

 

Alla fine, viviamo in un Paese e in un’era dominato dai luoghi comuni, “si stava meglio quando si stava peggio”, “non ci sono più le mezze stagioni”, e chi più ne ha, più ne metta; il senso è che, da una certa età in poi, quando si guarda al passato si vede solo il meglio; oggi fa tutto schifo, ieri era tutto bellissimo.

Peccato solo che, nella maggior parte dei casi, mentre lo vivevamo, quello “ieri”, lo odiavamo profondamente!

 

Allora, io ho iniziato a suonare il basso nell’estate del 1990; si, esatto, proprio nell’estate delle “Notti magiche” di Bennato, Nannini e Schillaci. Avevo formato la prima band dopo aver preso qualche lezione di chitarra, e come spesso accadeva, eravamo quattro chitarre e non c’era il bassista; per fortuna c’era almeno un basso, che uno di noi possedeva, e alla sua domanda “me lo reggi un attimo?”, risposi di si. Ecco, dopo 33 anni non l’ho ancora posato…

 

 

 

Lì possiamo dire sia iniziata la mia avventura bassistica; naturalmente suonavo in una band uno strumento che non avevo mai visto prima; quindi, ti lascio immaginare l’ansia da prestazione, ogni volta! Come risolverla?

Cercando di imparare quanto più possibile nel minor tempo possibile; e qui, i problemi: insegnanti di basso validi ce ne erano pochi e soprattutto, da totale inesperto, non sapevo neanche dove cercarli; il mio insegnante di chitarra si propose, ma mi accorsi subito che non era esattamente il suo mestiere, se non altro perché in una lezione di gruppo con cinque altri chitarristi, portare il basso non era la soluzione migliore per imparare…

 

Ci volle un anno e mezzo prima di scoprire che nel paese a fianco al mio c’era un gran bassista da cui finalmente riuscii ad andare a lezione, ma nel mentre, provai a studiare da solo: immaginate: niente internet, quindi zero tabs, zero negozi online in cui provare a cercare metodi o video (assolutamente vhs in ogni caso) e zero informazioni su negozi specializzati, trascrizioni di brani famosi…Niente di niente!

Ah, e naturalmente ai tempi il basso elettrico era bandito dai Conservatori e quelle poche scuole di musica pop-rock erano costosissime…

 

Quello che avevo erano un quaderno pentagrammato, uno stereo con cassette e vinili (anche il lettore cd l’avrei comprato più tardi).

 

E quindi?

 

Di certo in quel periodo ho sviluppato l’astuzia: qualche trucchetto e mi sono spaccato la mano con esercizi inventati da me (e quello mi sarebbe servito anni dopo, facendo l’insegnante); ma, di contro, ci ho messo molto più tempo di quanto ce ne avrei messo se fossi nato o avessi iniziato a suonare una quindicina di anni più tardi, almeno.

 

La morale?

 

Quello che voglio dire è che, se sei nella fascia di età in cui mi ritrovo io, dovresti renderti conto che se da un lato, per molti versi, può essere vero che “si stava meglio quando si stava peggio”, dall’altro lato non dovremmo sputare sempre contro le nuove tecnologie, i nuovi media e questo nuovo modo di vivere, ma anzi, dovremmo usarli a nostro favore.

 

Chi vuole iniziare a suonare il basso al giorno d’oggi o anche chi già suona ma vorrebbe migliorarsi e si arena sempre davanti al “non ho tempo”, dovrebbe capire quali sono i vantaggi di questa era: non hai tempo per andare da un insegnante a quattro chilometri da casa? O in una scuola? Benissimo: inizia seguire qualche lezione su YouTube (QUI trovi le mie, ad esempio), e se non ti basta, valuta un VIDEO CORSO! Lo segui da casa, smetti e riprendi quando vuoi, e ti costa meno…Giusto?

 

La tecnologia sotto questo punto di vista ci ha aiutato molto negli anni, approfittane!

 

O vuoi continuare a farti dare del boomer? 

 

 

Di |2023-07-20T12:20:23+02:00Luglio 20th, 2023|basso elettrico, Blog, teoria musicale|Commenti disabilitati su QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

SI PUO’ DAVVERO MIGLIORARE CON LE LEZIONI ONLINE?

 

 

 

Ehi Basswalker!

 

            Se sei come me un boomer o quasi, hai vissuto quell’era in cui c’era solo un modo per affrontare lo studio della musica: trovarsi un buon maestro e prendere lezioni da lui.     L’alternativa era quella di diventare autodidatta, con tutti i pro e i contro, e, a volte, le polemiche tra le due categorie: “Jimi Hendrix non conosceva la musica” è una delle frasi più sentite e risentite negli anni, pronunciate da chi vuole giustificare il proprio autodidattismo…

 

Poi arrivò internet…

 

            All’inizio la rete era una formidabile fornitrice di tabs, magari qualcuno se le ricorda le prime, scritte con font improbabili, tali da faticare a decifrare anche cosa c’era scritto; però gli “anti-pentagramma” piuttosto che imparare a leggere preferivano questo tipo di studio, che, per di più, non dava mai un minimo di idea della ritmica ad esempio…

 

            Ci si limitava a scrivere numeri su queste quattro linee che dovevano rappresentare le corde e via, poi andava a fantasia di chi ci si cimentava. E di fantasia dovevi averne tanta, se consideri che gli autori di quelle tabs erano spesso ignoti, e altrettanto spesso molto poco esperti…

 

            Poi da lì il passo è stato breve, i programmi per scrivere le tabs sono migliorati tantissimo, sempre più utenti si sono cimentati nella stesura di trascrizioni, a volte anche persone competenti, poi è arrivato YouTube, e il resto è storia…

 

            La tecnologia negli anni è migliorata molto e di sicuro è passata in breve tempo da un mero sistema per “barare” ad un aiuto estremamente efficace; come in tutte le cose, però, bisognerebbe trovare una via di mezzo.

 

 

            Io credo che ancora oggi, nonostante tutto e nonostante tutti, non ci sia niente di meglio che scegliersi un insegnante col quale, per svariati motivi, sentiamo di andare d’accordo, e iniziare un percorso con lui/lei. L’insegnante migliore per te non lo è per qualcun altro, attenzione! Per quello suggerisco di provare e riprovare, con più di uno; e in questo senso, i social, il tubo le lezioni online, ci possono venire incontro: da un video (o più di uno) puoi capire se c’è della sintonia con un Maestro o con un altro, questo è innegabile!

Il problema dell’insegnante o, ancora di più della scuola di musica, è naturalmente quello economico.  È innegabile che i costi per una scuola di musica non sono sempre convenienti, ed è per questo motivo che sempre più persone si affidano all’insegnamento online; in realtà se si parla di lezioni via Skype o simili i costi non sempre sono più convenienti, e in più c’è il problema che se non le si gestisce bene dal punto di vista tecnico, si rischia di avere delle esperienze non gratificanti quanto si vorrebbe.

Ed è proprio in questa ottica che si inseriscono i video corsi.

Certo, potete dire che io sia di parte, se mi seguite sapete che è proprio quello che faccio sul mio sito, ma in realtà se ho iniziato a farli è proprio perché credo in questo modo di apprendere (lato studente) e di insegnare (lato maestro).

            Il video corso per chi magari vuole rimettersi dopo anni, o per chi ha iniziato da autodidatta ma ha capito che si fa troppa fatica senza una guida, è la soluzione ottimale. Certo, non lo è per chi vuole intraprendere una carriera da musicista o comunque sia alla ricerca di una preparazione accademica; ma come ho già avuto modo di dire più volte, per quello ci sono solo i Conservatori!

            In tutti gli altri casi, ti può aiutare. Ti aiuta se sei da solo e non hai risorse da investire in una scuola o in un Maestro (il video corso lo paghi una volta sola, al costo di neanche due lezioni, e ce l’hai sempre); ti aiuta se non hai la costanza, magari perché il lavoro ti porta via tempo ed energie e non riesci tutti giorni a metterti a suonare; in quel caso la lezione settimanale rischia di essere una spesa inutile, non vedresti miglioramenti e saresti costretto a frequentare per non perderci soldi. Il video corso ti aiuta anche perché hai comunque sempre l’assistenza da parte dell’autore, che ti risponde in info line ai dubbi, ti da consigli, suggerimenti e non ti lascia mai solo a te stesso.

 

            Io non so dirti se i video corsi saranno il futuro, ma di sicuro sono quella cosa che, nell’era di internet sempre e ovunque, mancava. Il giusto tassello tra delle lezioni con un Maestro vero e proprio, e la ricerca sconfusionata di soluzioni ai problemi su YouTube, tabs, tutorial, esercizi alla rinfusa…

            Ecco, il video corso sta in mezzo: lezioni in ordine progressivo, materiale in pdf, un maestro che comunque ti segue…Ma tutto senza muoverti da casa e seguendo quando vuoi tu, quando hai tempo e voglia.

 

Siamo nell’era del digitale, sappiamo tutti che sta cambiando un po’ tuto e anche le abitudini, qualcosa in meglio, qualcosa in peggio; ma bisogna prendere atto di queste nuove possibilità che ci sono e, quanto meno, sarebbe giusto valutarle.

 

Se vuoi valutare tu stesso da vicino, io ti posso consigliare i miei video corsi, li trovi qui:

 

davidemartini.com/video-corsi

 

Cosa ne pensi?

 

 

 

 

 

Di |2023-07-10T16:04:32+02:00Luglio 13th, 2023|basso elettrico, Blog, teoria musicale|Commenti disabilitati su SI PUO’ DAVVERO MIGLIORARE CON LE LEZIONI ONLINE?

Quante scale devo imparare?

Ehi Basswalker!

 

La situazione è questa: hai iniziato studiare il basso seriamente (o ripreso, dopo tanti anni), e ti stai rendendo conto che ogni volta che impari una scala, arriva il tuo maestro e te ne suggerisce una nuova… A questo punto ti chiedi: ma quante saranno? Quante ne devo imparare? Finiranno mai? E soprattutto: le userò mai tutte?

 

Conosco quell’espressione, che hai sul viso, in questo momento, l’ho avuta anch’io a suo tempo.

 

Oggi sono qui per provare a darti una risposta che ti sia per lo meno utile.

 

La prima cosa che posso dirti è che devi stare tranquillo, non devi impararle tutte. Dopodiché occorre però fare alcune precisazioni e analizzare il tuo caso, che può essere diverso da quello di molti altri.

Quando ci approcciamo allo studio di una materia come la musica, dovrebbe attivarsi in noi una curiosità che ci porterà a volerne sapere sempre di più, come per tutte le materie, credo. La musica è in gran parte anche scienza, oltre che arte, e, in quanto tale, può essere esplorata in modo esponenziale, per rendersi conto di quanti argomenti affascinanti tratta, che vanno dalla fisica(acustica) e arrivano, se vogliamo, fino alla psicologia, senza contare che si può approfondire la storia e naturalmente tutti gli aspetti tecnici che riguardano il “suonare” vero e proprio.

 

Ora, la parte più squisitamente teorica è una materia decisamente vasta, e ci parla di scale, appunto, ma anche di accordi, volendo, di toni e semitoni, sistema temperato, microtoni e tutto il resto. Ti incuriosisce tutto questo? Se la risposta è affermativa, allora studia e cerca di comprendere quante più scale riesci!

 

Ma tieni presente che se arrivi ad approfondire scale esotiche, orientali o modi antichi, ovviamente lo stai facendo per pura passione, a meno che tu non decida di suonare la musica specifica di un certo angolo di mondo…Ad esempio, sai che cos’è il “pelog”? È una scala di sette suoni tipica del gamelan, musica di origine indonesiana.

Credi che suonerai mai del gamelan? Se sì, accomodati, in rete trovi molte informazioni su questa affascinante musica e sulle sue scale caratteristiche…

 

Spero che sia chiaro il senso del discorso, in ogni caso quello che ti voglio suggerire è: studia ciò che ti serve! Anche in caso tu abbia mire da professionista, potrebbe non servirti tutto lo scibile a proposito delle scale; generalmente se andrai a suonare jazz ad alti livelli, o se deciderai di diventare un docente in materia jazzistica, allora sicuramente dovrai conoscere più scale di chi va a suonare hard rock nei pubs il sabato sera, questo è chiaro. Ma in linea di massima, ti ripeto: per cultura personale puoi approfondire ciò che vuoi, se suoni per divertirti un po’ di rock o del blues, al massimo, o metal, ma anche funk o r&b, allora una volta che conosci i modi della scala maggiore, le pentatoniche e se proprio vuoi un paio di modi dal sistema modale minore melodico, hai davvero tutto quello che ti serve e oltre.

Più ti avvicini al jazz o ad altri tipi di musica carichi di contaminazioni con culture diverse, allora più dovrai aggiungere certe scale al tuo bagaglio, perché poi avrai bisogno di ricreare probabilmente quel tipo di sonorità.

 

Quindi, per chiudere, ricorda che dipende tutto dal tuo approccio alla musica, allo strumento e dai tuoi obiettivi; stai tranquill* che si vive bene e si suona altrettanto bene anche senza avere mai avuto a che fare con certe scale dai nomi complicatissimi…

 

Buono studio!

 

Di |2023-06-29T10:36:18+02:00Giugno 29th, 2023|basso elettrico, Blog, musica, Senza categoria, teoria musicale|Commenti disabilitati su Quante scale devo imparare?

COME SUONARE SUBITO TUTTI I GENERI COL BASSO!

Si, lo ammetto, il titolo può risultare abbastanza ingannevole.

Mi sembra quindi doveroso fare una premessa: non è guardando un video di pochi minuti che si può pretendere di imparare a suonare veramente tanti generi musicali ( “tutti”, come dico nel titolo, è praticamente impossibile anche solo classificarli, se vogliamo ).

Allora perché questo nuovo video? Perché questo articolo?

 

Il vero motivo per cui ho realizzato questa lezione è che mi piacerebbe invitarvi a riflettere sull’importanza di saper affrontare più stili musicali possibile, senza pregiudizi di sorta, preoccupandosi solo del fatto che ogni elemento nuovo può rappresentare un tassello in più nella vostra conoscenza bassistica.

Sia che siate aspiranti artisti o aspiranti turnisti ( vi invito se non l’avete ancora fatto, a leggere questo mio articolo per capire cosa intendo ), avere un ampio bagaglio musicale è di massima importanza. Se siete turnisti ( o vorreste diventarlo ) dovrete essere pronti ad affrontare più situazioni possibili, anche molto diverso tra di loro, e quindi appare scontato conoscerne almeno le basi. Se siete artisti, potreste apparentemente sembrare esenti da questo tipo di lavoro, ma in realtà, se ci pensate bene, è forse ancora più importante per voi.

La conoscenza di più generi e stili porta miglioramenti alla propria visione globale della musica, e se vi lasciate influenzare, da stili magari anche molto diversi dal vostro preferito, vi potrete trovare ad avere nuove idee, in fase di composizione e arrangiamento, che altrimenti non avresete mai avuto.

 

Innanzitutto lasciatemi charire una cosa: se parlo di generi, mi riferisco soprattutto ai grossi “blocchi” della musica: rock, blues, funky e jazz.

Immaginiamo di ragionare semplicemente su questi 4, per poi estendere il discorso a tutti i generi che vogliamo. Ognuno di questi generi è caratterizzato sempre da 2 fattori base: armonia e ritmo.

Della prima ce ne accorgiamo subito ovviamente quando ci riferiamo al jazz o derivati. Sarà capitato anche a voi, almeno una volta, di sentire qualcuno che tenta di rendere più “jazzy” un brano dalle armonie molto semplici: l’uso di accordi particolarmente “tesi”, come si dice in gergo, con l’aggiunta di note alterate, settime, none e quant’altro, è quello che ci porterà in questa direzione. Di contro, se volessimo rendere un brano più “rock”, potremo trasformare i suoi accordi in “power chord”, omettendo le terze ed aggiungendo una sana distorsione, e di sicuro ci avvicineremo al risultato sperato.

Ora, dato per assodato che ragionare dettagliatamente sull’armonia richiederebbe tempo e competenze, e non possiamo permetterci di approfondire l’argomento in queste poche righe, proviamo a concentrarci sulla questione ritmica.

Il discorso fondamentalmente è simile a quello fatto sull’armonia, ma non avendo gli accordi di mezzo, possiamo verificare tutto subito solo con il nostro strumento e l’ausilio di una drum machine ( o meglio ancora di un batterista, se ne avessimo uno disposto a sperimentare con noi ).

Il lavoro da fare è molto semplice: stabilite una semplice progressione di accordi; io per esempio, nel video, ho utilizzato la classica progressione VI-IV-I-V che altro non è che la sequenza di accordi di…”Despacito” ( ok, me lo sono meritato, iniziate pure ad insultarmi…).

Guardate cosa succede se su questi semplici accordi proviamo a suonatr ritmiche diverse. Quello che suona simile, iniza a prendere forme diverse, facendo percepire un “mood” piuttossto che un altro, anche molto diversi tra loro.

Come fare per imparare a gestire queste ritmiche e di conseguenza questi stili, e anche altri?

Qui trovate le partiture complete di ciò che ho eseguito nel video e in aggiunta anche un pdf contenente alcuni patterns di riferimento. Potrete usarli come volete, riadattandoli a qualunque contesto, qualunque sequenza di accordi o brano; imparare a conoscere bene un determinato genere musicale richiede tempo, e in particolare il tempo dovrete impiegarlo per imparare quali sono le idee base di quel genere; ritmicamente parlando, quindi, più patterns conoscerete e meglio saprete gestire quel modo di accompagnare. Ovviamente è altrettanto importante che sviluppiate l’orecchio su un determinato genere anche andando ad ascoltare i dischi dei suoi artisti principali, ma questo, in fondo, è puro divertimento…

E allora, qual è il tuo genere musicale preferito?

Di |2019-02-15T11:43:57+01:00Febbraio 15th, 2019|basso elettrico, Esercizi per basso, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su COME SUONARE SUBITO TUTTI I GENERI COL BASSO!

Turnista VS Artista: che tipo di musicista sei?

Essere un musicista turnista è un sogno di molti, non ci sono dubbi.

Ma anche salire su un palco davanti a migliaia di fans che cantano le canzoni che tu hai scritto, arrangiato e registrato non deve essere male, voi che dite?

 

Ovviamente stiamo parlando di 2 cose diverse, ma che, in fondo, sono 2 facce della stessa medaglia. Quella he ci vede, finalmente, realizzare il nostro sogno ( o obiettivo ) di vivere di sola musica.

Sono 2 strade parallele, a mio modo di vedere, per chi ha le idee chiare su quale delle 2 percorrere. Ovviamente, all’inizio possono anche non esserlo, nel senso che chiunque può pensare di “assaggiare” entrambe le situazioni per poi decidere qual è quella che più si addice al proprio modo di interpretare la musica; ma prima o poi arriva il momento di fare una scelta, con tutto quello che ne consegue.

Ora, le conseguenze reali e durature dell’una o dell’altra scelta sarebbe utile che le trattiate con voi stessi e con chi vive con voi, non voglio scendere nei dettagli…

Ma le conseguenze immediate, invece, sono quelle che influenzeranno notevolmente il vostro modo di porvi rispetto a tutto ciò che è musica, rispetto a chi la musica la fa e la farà con voi e anche rispetto al proprio modo di suonare lo strumento, sia esso il nostro basso ma anche altri, ovviamente sarà così per tutti!

 

Ho provato a indicarvi una via da seguire partendo da 5 punti imprescindibili dal lavoro del musicista, per capire le reali differenze tra l’una e l’altra strada e aiutarvi a capire quale potrebbe essere la migliore.

Il primo punto è il repertorio: se aspirate ad essere un musicista turnista, preparatevi a doverne imparare tanti e in poco tempo; preparatevi a dover affrontare generi e stili sempre diversi, e sempre come se quello fosse il vostro preferito e quello in cui siete più bravi. Preparatevi a dover affrontare situazioni musicali totalmente diverse, magari nel giro di pochi giorni,e dover dare sempre il massimo. Un giorno magari sarete dei trasgressivi rockettari e il giorno dopo potreste essere eleganti jazzisti…

Questo non accadrà se avrete optato per la strada dell’artista; nel senso che probabilmente avrete un vostro repertorio che può essere quello del o dei vostri dischi, qualche cover riadattata, brani aggiunti per un certo spettacolo in particolare, al limite, ma che comunque andrà a pescare sempre da quello che il vostro “range”, la vostra competenza. Potreste pensare di essere più fortunati dei turnisti in questo senso, ma, magari avrete maggiori difficoltà proprio perché ciò che andrete a proporre sarà materiale vostro e anche solo per una questione di orgoglio ci terrete che sia tutto sempre perfetto.

 

Strettamente collegato al primo punto c’è il secondo, ovver un occhio di riguardo per la STRUMENTAZIONE. Se sarete turnisti dovrete essere pronti, probabilmente, a soddisfare le più disparate esigenze, e di conseguenza con ogni probabilità dovrete avere un setup veramente ampio, per coprire la più grande quantità possibile di sonorità. Al contrario, se siete artisti vi dovrete occupare di coltivare al meglio il vostro unico sound, che quindi richiederà la stessa strumentazione lungo gli anni, senza che si rendano necessari stravolgimenti.

 

Ciò che invece è forse più importante per un artista è il terzo punto: il look e l’atteggiamento.

Si, perché, anche se vi sembrerà strano, potrà essere proprio quello che può fare la differenza.

La confezione deve essere importante tanto quanto il prodotto, quindi se suonate bene, avete dei bei brani, ma, quando poi salite sul palco, sembrate degli impiegati di banca, probabilmente state sbagliando qualcosa ( a meno che il nome della vostra band non sia “Gli impiegati di banca” e quindi quello sarà il look giusto ).

Chi sarà un musicista turnista non avrà modo di decidere quale dovrà essere il proprio look, perché probabilmente verrà deciso da chi avrà pagato l’ingaggio e non si potrà discutere.

 

Un altro aspetto molto importante è il quarto punto: l’attitudine a vendersi.

Che piaccia o no, l’aspetto del business nella musica è uno dei più importanti e non si può prescindere da esso. Ora, l’unica differenza tra le 2 categorie, in questo caso è come fare business e soprattutto a chi rivolgersi.

Se siete turnisti dovrete provare a proporvi giocando sulle vostre capacità a chi è disposto a pagare per avervi; sia esso il gestore di un locale, il tour manager di un cantante famoso o chiunque altro. L’artista, all’inizio, dovrà lottare per trovare spazi per suonare, e purtroppo l’aspetto economico è l’ultimo da tenere in considerazione; la crescita da cercare sta nell’avere un pubblico da fidelizzare e far crescere nel tempo, tramite la vendita della propria musica, sia informa fisica che digitale.

 

Ma l’aspetto più importante di tutti, in entrambi i casi è il quinto punto: la preparazione.

Se per il turnista il discorso può apparire abbastanza scontato, per l’artista spesso purtroppo non lo è. Negli ultimi anni ho notato che passa spesso il concetto che per sfondare bisogna solo avere l’idea giusta, non importa essere bravi. Ecco: non c’è niente di più sbagliato. Se vorrete vivere un giorno, di sola musica, della vostra musica, dovrete essere dei musicisti, e per potervi definire tali dovrete avere una solida preparazione; preparazione musicale non significa necessariamente essere bravi a leggere uno spartito, ma conoscere le regole della teoria, avere chiari i concetti di tonalità accordi, armonia e saper dimostrare di averne padronanza anche sullo strumento, sempre.

 

E questi sono secondo me i cinque punti che dovrete curare e che vio serviranno per capire al meglio che tipo di musicista sarete. Se poi ne avrete voglia, potrete provare a capirlo anche attraverso il questionario che trovate qui.

Fatemi sapere come va!

 

Di |2019-02-11T23:23:43+01:00Gennaio 25th, 2019|basso elettrico, blues, country music, dominanti secondarie, Esercizi per basso, Funky music, Muse, musica, red hot chili peppers, rockabilly, teoria musicale|Commenti disabilitati su Turnista VS Artista: che tipo di musicista sei?

LEZIONI DI BASSO: Suonare il basso col plettro!

Suonare il basso col plettro è possibile?

 

Evidentemente si, visto che sono tanti i bassisti anche famosi che lo fanno, con successo, da anni.

In realtà il basso veniva suonato con il plettro già ai suoi arbori, quando, attratti dal fascino del neonato strumento ( chiamato semplicemente “Fender bass” negli States, e “chitarra basso” qui da noi ) furono anche molti chitarristi ad avvicinarsi per primi allo strumento.

 

 

 

Con gli anni, però furono i contrabbassisti a portare maggiormente alla ribalta lo strumento e di conseguenza la tecnica più in uso divenne indiscutibilmente quella del pizzicato.

Ora sinceramente non saprei dirvi con esattezza quando, ma ad un certo punto della storia, si riprese a suonare il basso col plettro.

 

E la tecnica è arrivata fino ai giorni nostri, ad opera di chi, principalmente, suona rock e affini.

Suonare il basso col plettro in effetti è indiscutibilmente una cosa che si usa fare maggiormente in contesti un po’ aggressivi, come nel metal, o nel rock degli anni ’90, periodo in cui fiorirono tantissimi bassisti che scelsero questa tecnica. Basti pensare a Duff McKagan dei Guns’n Roses o a Krist Novoselic ( Nirvana ), solo per citarne 2 dei più famosi.

 

Quindi, a mio modo di vedere, se decidiamo di essere dei bassisti completi, al giorno d’oggi non possiamo prescindere dal suonare il basso col plettro.

E allora, come fare, se vogliamo imparare a suonare il basso col plettro?

Innanzitutto ti ricordo che scrissi già un articolo tempo fa a riguardo, lo trovi qui ( con la relativa video lezione sul mio canale YouTube, che trovi qui ).

Se hai deciso di approfondire l’argomento e provare seriamente a imparare a suonare il basso col plettro, allora ecco che oggi ti suggerisco alcuni brani piacevoli da studiare per gestire al meglio questa tecnica.

Li ho ordinati dal più semplice al più difficile; considera di provare ad impararli per intero, una volta visti i main riff che ti suggerisco qui.

Le partiture, come sempre le trovi in download ( ricordati di registrarti se non l’hai ancora fatto ).

 

Il primo della lista è “Lithium”, dei Nirvana. La parte di per sé non è difficile, ritmicamente è abbastanza semplice e ripetitiva; cerca di “calcolare” le pennate e dai risalto alla ghost note della mano destra ( R.H.G. sulla partitura ), che ottieni dando un colpo alla corda con il plettro senza fare uscire una nota intonata.

 

Come secondo brano vi propongo “Longview” dei Green Day. La difficoltà nel suonare questo brano col plettro è data principalmente dal fatto che il ritmo sia “shuffle”, cosa non semplicissima da gestire col plettro. Raccomando solo pennate in giù sulla parte in quarti, mentre dove trovate i 2 ottavi ( terzinati ) alternate la pennata. Attenzione a suonare correttamente i bicordi dell’ultima misura.

 

Il terzo brano è “My friend of misery”, brano dei Metallica contenuto nel black album. L’arpeggio iniziale Newsted lo suonava con un arpeggio a plettro in stile chitarristico. Da un punto di vista ritmico sono tutti sedicesimi, quindi occhio a non perdere il ritmo e a studiare lentamente la parte prima di suonarla alla sua velocità.

 

Il secondo posto l’ho riservato a un capolavoro dei Guns’n Roses: “Paradise city”, dall’album “Appetite for destruction”. Su questo riff c’è poco da dire, se non di stare attenti all’alternanza delle pennate che, data la velocità, vi può aiutare parecchio. Come sempre, perdete del tempo ad esercitarvi a velocità ridotte per studiare al meglio ogni singolo movimento.

 

E al primo posto, per difficoltà, ho messo “Cupid’s dead”, brano degli Extreme tratto da “3 sides to every story”; vale tutto quello che ho appena detto per Paradise city, ma aumenta la dificoltà tecnica; occhio alle diteggiature, sia della destra che della sinistra.

 

Vi sono piaciuti questi brani? Ne vorreste studiare degli altri?

 

Fatemelo sapere, scrivetemi una mail o fate un giro sul mio canale YouTube o sui miei social; vi ricordo che le partiture sono in download, mentre invece nello store trovate il mio primo libro “Il basso elettrico dalla A alla F”

 

Di |2019-01-17T16:15:34+01:00Gennaio 18th, 2019|basso elettrico, Esercizi per basso, Funky music, musica, red hot chili peppers, Senza categoria, teoria musicale|Commenti disabilitati su LEZIONI DI BASSO: Suonare il basso col plettro!

Come creare un fill di basso in 3 passi

Credo sia capitato prima o poi a tutti i bassisti del mondo: stai suonando un brano, dalla linea di basso abbastanza ripetitiva ( e di conseguenza noiosa ), e ad un certo punto ti prende la voglia di inserire quella “cosa”, che sul disco non c’è probabilmente, ma se ti esce come pensi sarà apprezzatissima, e in ogni caso, ti sarai divertito un po’ di più.

 

Ti è capitato, vero?

https://www.youtube.com/edit?o=U&video_id=aMHuV225gt4

 

Il problema è che spesso non sai cosa fare, oppure tutto quello che ti viene in mente non ti piace; spesso il problema è che lo spazio è veramente limitato ( meno di una battuta ), magari il tempo del brano è piuttosto veloce, e la conseguenza è che non facciamo niente, o se lo facciamo, poi il risultato non ci soddisfa.

Come fare?

 

Oggi provo a darti delle regole, 3 semplici regole da tenere in considerazione e dalle quali puoi partire per sviluppare le tue idee, i tuoi “fill”.

Con il termine “fill” solitamente ci si riferisce a qualcosa che ha più a che fare con la batteria che con il basso, ma noi prendiamo in prestito il termine per identificare quello che effettivamente andiamo a fare: un “break” all’interno del solito groove, che ci ricolleghi all’inizio di una nuova sequenza del brano ( una nuova strofa, il ritornello, ecc. ).

La differenza principale rispetto a quello che fanno i batteristi è che noi dobbiamo pensare anche alle note, ed è proprio da qui che voglio partire: stabilite prima di tutto da cosa volete attingere: la scala della tonalità del pezzo? Le note dell’accordo su cui vi trovate in quel momento? La scala blues? Potete usare ciò che vi pare ( che sia coerente con il brano, ovviamente ), ma sarebbe buona norma pensare a queste cose prima di buttarsi in un fraseggio ( soprattutto se siete alle prime armi o comunque questa situazione rappresenta per voi un ostacolo ).

Decidere cosa usare vi porta anche a decidere di conseguenza alla zona della tastiera in cui volete operare; spesso è più utile non spostarsi troppo dalla zona in cui vi trovate in accompagnamento, soprattutto se il brano è veloce; in linea di massima potete adattare la vostra idea alla parte di tastiera in cui vi trovate.

 

Per riuscire in un buon fraseggio, però, è ancora più importante la seconda regola: il ritmo. Una frase bella è una frase che sia interessante anche dal punto di vista ritmico. Cercate di pensare come farebbe un batterista: per loro la componente ritmica è importantissima, non avendo le note. Immaginate un fill di batteria nel punto in cui vorreste inserire il vostro fill di basso e poi provate a metterci su delle note, seguendo i criteri con cui le avete pensato seguendo la prima di queste 3 regole.

 

L’ultima ma più importante regola è questa: non esagerate. Il fill è bello se all’interno di un brano lo mettere una o al massimo 2 volte, non di più. Non cercate la finezza alla fine di ogni singola parte del brano. Prima di tutto rischieresti di scontrarvi con il fill vero e proprio del batterista, facendo in modo che non si capisca né quello che state facendo voi né quello che sta facendo lui.

In più troppi fill di basso fanno perdere l’attenzione e rischiate in questo modo che non vengano apprezzati.

 

Quindi, il mio consiglio è: esercitatevi, a casa vostra, suonando sui dischi, e in quella situazione elaborate più idee possibili. Quando poi suonate con la vostra band, scegliete dei punti strategici 8 in accordo con il vostro batterista ) e scegliete anche i vostri migliori fill, studiati in precedenza. Ci sarà sempre tempo, in futuro, per improvvisarli.

Siete pronti? Imbracciate il vostro basso e iniziate a divertirvi!

 

 

 

Di |2019-01-10T15:07:54+01:00Gennaio 11th, 2019|armonia, basso elettrico, blues, Esercizi per basso, Funky music, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Come creare un fill di basso in 3 passi

Bicordi sul basso: Come si suonano e quando usarli

Dopo aver ampiamente parlato di accordi, mi sembra doveroso aprire una parente su come suonare i bicordi sul basso.

La domanda scontata che, come al solito, potreste porvi, ovviamente sarà: ” Perchè mai dovrei imparare a suonare i bicordi sul basso? ”

 

E la risposta sarà altrettanto scontata: perchè, come dico sempre, è molto importante arricchire il proprio lessico musicale, per potersi esprimere al meglio nel maggior numero di contesti possibile.

Di conseguenza, i bicordi sul basso ricoprono un ruolo a mio modesto parere indispensabile, soprattutto in alcune situazioni.

Per capire a cosa mi riferisco, è indispensabile innanzitutto capire quanti e quali tipi di bicordi possiamo suonare sul basso. Iniziamo dai più usati, soprattutto in contesti rock o simili: sono i bicordi di quinta, e sono identici a quelli che si suonano sulla chitarra; la differenza principale è che mentre i chitarristi per suonarli, solitamente sfruttano le corde più basse ( con un suono distorto ), noi li suoniamo sulle corde più acute. Questo, principalmente, perchè il suono simultaneo di 2 suoni molto gravi non è proprio bellissimo da sentire…

Si possono utilizzare in diversi contesti, talvolta con l’aggiunta dell’ottava alta ( utilizzando 3 dita e 3 corde ), come usa fare spesso il grande Steve Harris, per esempio.

In alternativa alla quinta, delle note che è possibile utilizzare per generare un bicordo sul basso è sicuramente la terza. O sarebbe meglio dire le terze, dal momento che funzionano benissimo sia maggiori che minori. Potreste pensare di esercitarvi suonano tutta una scala maggiore su una corda ( per esempio quella di Re ), aggiungendo la terza di ogni nota ( sulla corda Sol ). Ascoltate l’effetto e cercate di familiarizzare con questo tipo di sound, può tornare utile per creare interessanti fraseggi melodici, armonizzandoli in modo indipendente.

Un altro uso interessante dei bicordi, più funk, è quello di suonare la 3a e la 7a insieme, all’interno di un groove. Ci vuole un pà di pratica, il mio consiglio è quello di cercare in rete delle linee di basso costruite in questo modo, farle vostre, e poi provare a crearne di originali.

Per questo scopo potrà esservi utile il mio nuovo libro ” 101 Funk licks in tutte le tonalità”, in uscita nei primi mesi del 2019.

Ah, a tal proposito: Buon anno!

E, come sempre, buon basso!

 

Di |2019-01-02T22:41:52+01:00Gennaio 4th, 2019|basso elettrico, Esercizi per basso, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Bicordi sul basso: Come si suonano e quando usarli

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