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QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

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Ehi Basswalkers!

 

Oggi voglio raccontarvi un po’ di come mi sono avvicinato al basso elettrico; sì lo so, probabilmente sarà un testo nostalgico tipico dei diversamente giovani come me, che quando si guardano indietro lo fanno un po’ come quelli che “ai miei tempi!” …

 

Alla fine, viviamo in un Paese e in un’era dominato dai luoghi comuni, “si stava meglio quando si stava peggio”, “non ci sono più le mezze stagioni”, e chi più ne ha, più ne metta; il senso è che, da una certa età in poi, quando si guarda al passato si vede solo il meglio; oggi fa tutto schifo, ieri era tutto bellissimo.

Peccato solo che, nella maggior parte dei casi, mentre lo vivevamo, quello “ieri”, lo odiavamo profondamente!

 

Allora, io ho iniziato a suonare il basso nell’estate del 1990; si, esatto, proprio nell’estate delle “Notti magiche” di Bennato, Nannini e Schillaci. Avevo formato la prima band dopo aver preso qualche lezione di chitarra, e come spesso accadeva, eravamo quattro chitarre e non c’era il bassista; per fortuna c’era almeno un basso, che uno di noi possedeva, e alla sua domanda “me lo reggi un attimo?”, risposi di si. Ecco, dopo 33 anni non l’ho ancora posato…

 

 

 

Lì possiamo dire sia iniziata la mia avventura bassistica; naturalmente suonavo in una band uno strumento che non avevo mai visto prima; quindi, ti lascio immaginare l’ansia da prestazione, ogni volta! Come risolverla?

Cercando di imparare quanto più possibile nel minor tempo possibile; e qui, i problemi: insegnanti di basso validi ce ne erano pochi e soprattutto, da totale inesperto, non sapevo neanche dove cercarli; il mio insegnante di chitarra si propose, ma mi accorsi subito che non era esattamente il suo mestiere, se non altro perché in una lezione di gruppo con cinque altri chitarristi, portare il basso non era la soluzione migliore per imparare…

 

Ci volle un anno e mezzo prima di scoprire che nel paese a fianco al mio c’era un gran bassista da cui finalmente riuscii ad andare a lezione, ma nel mentre, provai a studiare da solo: immaginate: niente internet, quindi zero tabs, zero negozi online in cui provare a cercare metodi o video (assolutamente vhs in ogni caso) e zero informazioni su negozi specializzati, trascrizioni di brani famosi…Niente di niente!

Ah, e naturalmente ai tempi il basso elettrico era bandito dai Conservatori e quelle poche scuole di musica pop-rock erano costosissime…

 

Quello che avevo erano un quaderno pentagrammato, uno stereo con cassette e vinili (anche il lettore cd l’avrei comprato più tardi).

 

E quindi?

 

Di certo in quel periodo ho sviluppato l’astuzia: qualche trucchetto e mi sono spaccato la mano con esercizi inventati da me (e quello mi sarebbe servito anni dopo, facendo l’insegnante); ma, di contro, ci ho messo molto più tempo di quanto ce ne avrei messo se fossi nato o avessi iniziato a suonare una quindicina di anni più tardi, almeno.

 

La morale?

 

Quello che voglio dire è che, se sei nella fascia di età in cui mi ritrovo io, dovresti renderti conto che se da un lato, per molti versi, può essere vero che “si stava meglio quando si stava peggio”, dall’altro lato non dovremmo sputare sempre contro le nuove tecnologie, i nuovi media e questo nuovo modo di vivere, ma anzi, dovremmo usarli a nostro favore.

 

Chi vuole iniziare a suonare il basso al giorno d’oggi o anche chi già suona ma vorrebbe migliorarsi e si arena sempre davanti al “non ho tempo”, dovrebbe capire quali sono i vantaggi di questa era: non hai tempo per andare da un insegnante a quattro chilometri da casa? O in una scuola? Benissimo: inizia seguire qualche lezione su YouTube (QUI trovi le mie, ad esempio), e se non ti basta, valuta un VIDEO CORSO! Lo segui da casa, smetti e riprendi quando vuoi, e ti costa meno…Giusto?

 

La tecnologia sotto questo punto di vista ci ha aiutato molto negli anni, approfittane!

 

O vuoi continuare a farti dare del boomer? 

 

 

Di |2023-07-20T12:20:23+02:00Luglio 20th, 2023|basso elettrico, Blog, teoria musicale|Commenti disabilitati su QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

Come creare un fill di basso in 3 passi

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Credo sia capitato prima o poi a tutti i bassisti del mondo: stai suonando un brano, dalla linea di basso abbastanza ripetitiva ( e di conseguenza noiosa ), e ad un certo punto ti prende la voglia di inserire quella “cosa”, che sul disco non c’è probabilmente, ma se ti esce come pensi sarà apprezzatissima, e in ogni caso, ti sarai divertito un po’ di più.

 

Ti è capitato, vero?

https://www.youtube.com/edit?o=U&video_id=aMHuV225gt4

 

Il problema è che spesso non sai cosa fare, oppure tutto quello che ti viene in mente non ti piace; spesso il problema è che lo spazio è veramente limitato ( meno di una battuta ), magari il tempo del brano è piuttosto veloce, e la conseguenza è che non facciamo niente, o se lo facciamo, poi il risultato non ci soddisfa.

Come fare?

 

Oggi provo a darti delle regole, 3 semplici regole da tenere in considerazione e dalle quali puoi partire per sviluppare le tue idee, i tuoi “fill”.

Con il termine “fill” solitamente ci si riferisce a qualcosa che ha più a che fare con la batteria che con il basso, ma noi prendiamo in prestito il termine per identificare quello che effettivamente andiamo a fare: un “break” all’interno del solito groove, che ci ricolleghi all’inizio di una nuova sequenza del brano ( una nuova strofa, il ritornello, ecc. ).

La differenza principale rispetto a quello che fanno i batteristi è che noi dobbiamo pensare anche alle note, ed è proprio da qui che voglio partire: stabilite prima di tutto da cosa volete attingere: la scala della tonalità del pezzo? Le note dell’accordo su cui vi trovate in quel momento? La scala blues? Potete usare ciò che vi pare ( che sia coerente con il brano, ovviamente ), ma sarebbe buona norma pensare a queste cose prima di buttarsi in un fraseggio ( soprattutto se siete alle prime armi o comunque questa situazione rappresenta per voi un ostacolo ).

Decidere cosa usare vi porta anche a decidere di conseguenza alla zona della tastiera in cui volete operare; spesso è più utile non spostarsi troppo dalla zona in cui vi trovate in accompagnamento, soprattutto se il brano è veloce; in linea di massima potete adattare la vostra idea alla parte di tastiera in cui vi trovate.

 

Per riuscire in un buon fraseggio, però, è ancora più importante la seconda regola: il ritmo. Una frase bella è una frase che sia interessante anche dal punto di vista ritmico. Cercate di pensare come farebbe un batterista: per loro la componente ritmica è importantissima, non avendo le note. Immaginate un fill di batteria nel punto in cui vorreste inserire il vostro fill di basso e poi provate a metterci su delle note, seguendo i criteri con cui le avete pensato seguendo la prima di queste 3 regole.

 

L’ultima ma più importante regola è questa: non esagerate. Il fill è bello se all’interno di un brano lo mettere una o al massimo 2 volte, non di più. Non cercate la finezza alla fine di ogni singola parte del brano. Prima di tutto rischieresti di scontrarvi con il fill vero e proprio del batterista, facendo in modo che non si capisca né quello che state facendo voi né quello che sta facendo lui.

In più troppi fill di basso fanno perdere l’attenzione e rischiate in questo modo che non vengano apprezzati.

 

Quindi, il mio consiglio è: esercitatevi, a casa vostra, suonando sui dischi, e in quella situazione elaborate più idee possibili. Quando poi suonate con la vostra band, scegliete dei punti strategici 8 in accordo con il vostro batterista ) e scegliete anche i vostri migliori fill, studiati in precedenza. Ci sarà sempre tempo, in futuro, per improvvisarli.

Siete pronti? Imbracciate il vostro basso e iniziate a divertirvi!

 

 

 

Di |2019-01-10T15:07:54+01:00Gennaio 11th, 2019|armonia, basso elettrico, blues, Esercizi per basso, Funky music, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Come creare un fill di basso in 3 passi

COME IMPARARE UN GIRO DI BASSO A ORECCHIO!

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Imparare un giro di basso utilizzando esclusivamente l’orecchio… Pensateci bene, ci avete mai provato?

Beh, magari se avete qualche anno può anche darsi, ma immagino che chi è cresciuto nell’era attuale, in compagnia di internet e del nostro amato Youtube, probabilmente non saprà neanche di cosa stiamo parlando ( o quasi ).

 

E pensare che fino a non molto tempo fa,  l’orecchio era l’unico metodo per imparare un giro di basso!

Come si faceva? Come abbiamo fatto a vivere senza tabs e tutorial per tutto questo tempo?

Fidatevi, siamo sopravvissuti benissimo, e non solo, ma abbiamo sviluppato il cosiddetto “orecchio musicale”, ovvero riconoscere note, ritmi, a volte anche accordi, semplicemente ascoltando un determinato brano, magari con il nostro strumento tra le mani.

E quindi? Come fare? 

Certo, non è semplicissimo imparare un giro di basso in questo modo, e indiscutibilmente è necessaria un pò di pratica; e, come in tutte le cose, ci vuole un pò di “metodo”. 

In questo articolo ( e nel video ) vi spiego il metodo che io ho sempre utilizzato, e che ancora oggi ritengo essere uno dei migliori, anche per chi non ha ancora sviluppato determinate competenze.

 

Attenzione, una cosa deve essere chiara: non ci sono comunque scorciatoie, se volete imparare a suonare usando il vostro orecchio dovete comunque fare molta pratica, e utilizzare una serie di esercizi chiamati “ear training”, utili a sviluppare la capacità di riconoscere suoni di diverse altezze e i rapporti che intercorrono tra di essi.

L’ear training può essere fatto in diversi modi, al piano, cantando, o banalmente, nel nostro caso, aiutandoci con il basso, per esempio. Ma in realtà quello che suggerisco di fare, come spiego nel video, è di aiutarsi molto con l’uso della propria voce. Non c’è bisogno di essere dei cantanti! 

Quando riuscite ad intonare una nota, vuol dire che l’avete in testa, e a quel punto, sullo strumento, potrete cercarla semplicemente andando per tentativi. 

Utilizzando questo metodo con costanza imparerete a distinguere le varie note, e col passare del tempo diventerete sempre più veloci. ( Preparatevi: all’inizio potrà essere un’operazione molto lunga… )

Il consiglio che vi do è di provare a trascrivere inizialmente dei brani in cui le parti di basso siano semplici e ripetitive; anche se questa può essere un’arma a doppio taglio: spesso le parti di basso di questo tipo sono “nascoste” all’interno del mix e si farà fatica a percepire realmente ciò che il bassista sta suonando; ma questo succede spesso perchè la parte che esegue è doppiata dalla chitarra ( situazione tipica di brani rock, ad esempio ), strumento decisamente più evidente, e che quindi può diventare anche per noi il punto di riferimento per capire quale nota dovremo suonare di volta in volta.

Una volta che saremo riusciti a percepire tutte le note del brano ( o della singola parte di esso che ci interessa ) non dovremo fare altro che suonarla ripetutamente sull’originale, un pò per verificare che stiamo facendo la cosa giusta, un pò per esercitarci e memorizzare il nuovo brano, ma anche perchè così facendo, acquisiremo maggior sicurezza e saremo in grado di cogliere eventuali sfumature ( per esempio note di passaggio ) che ci saranno sfuggite al primo tentativo.

Ovviamente esistono brani in cui il basso è più in evidenza nel mix, ma questo probabilmente vorrà dire anche che la parte da suonare sarà di maggiore difficoltà.

Bene, siete pronti? E’ giunto il momento di provare ad imparare un giro di basso ad orecchio!

Dateci dentro e fatemi sapere come va!

Buon ascolto!

 

Di |2018-12-14T12:05:07+01:00Dicembre 14th, 2018|basso elettrico, Esercizi per basso, musica|Commenti disabilitati su COME IMPARARE UN GIRO DI BASSO A ORECCHIO!

Esercizi per basso: BASS FITNESS!

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Se state cercando dei buoni esercizi per basso, siete capitati nel posto giusto.

 

 

 

Chi mi segue già da qualche tempo, sa già che qui, generalmente, cerco di concentrare esclusivamente materiale utile a noi bassisti, di qualunque tipo: ultimamente mi ero concentrato un pò di più sullo studio dei generi e degli stili, in passato ho parlato di gruppi, bassisti, teoria e armonia, e ho spesso cercato di facilitare i “nuovi adepti”, con degli esercizi utili soprattutto per chi è alle prime armi.

Così mi sono accorto che effettivamente, mancava qualcosa per chi il basso già lo suona, ma vuole migliorarsi costantemente.

A questo scopo, pubblico oggi questa serie di esercizi per basso, per consentire un pò a tutti, a qualsiasi livello ( compreso chi è già un pò più avanti ), di avere del materiale su cui poter lavorare.

Attenzione. Cosa sono questi esercizi per basso?

Diciamo che prendiamo in prestito dagli studi teorico-armonici alcune scale, nello specifico le scale modali, ancora più nello specifico, 3 scale: la scala ionia ( o maggiore ), la scala mixolidia, e la scala dorica.

Nella prima tipologia di esercizi, impariamo come svilupparle su 2 ottave, lungo tutta la tastiera; vi raccomando di seguire le diteggiature consigliate, almeno all’inizio. Una volta presa la dovuta confidenza ( ricordandovi sempre di rispettare tutto ciò che si è già detto e che dovreste sapere bene relativamente alla tecnica di base ), potrete iniziare a lavorare sula velocità, aumentando i bpm. E’ scontato che il metronomo è fondamentale, quando si praticano questi tipi di esercizi.

Un altro tipo di esercizio che vi propongo, riguarda sempre le scale modali in questione, ma stavolta a mano ferma.

Iniziamo al terzo tasto, tonica sul SOL, quarta corda. La prima dexterity, dove per dexterity si intende un esercizio di tecnica, “destrezza”, per l’appunto, consiste nel suonare le nostre tre scale a gruppi di 4 note alla volta ( sedicesimi ), iniziando di volta in volta sul grado successivo della scala. Spiegarlo a parole non è semplice, il video vi chiarirà molto le idee, e la partitura ( comprensiva di tab ) che trovate qui, ancora di più.

Una volta eseguita questa dexterity sulle 3 scale, potrete provare la successiva, che consiste banalmente, nel suonarla per salti di terza.

Per la diteggiatura vi rimando anche in questo caso al video e al materiale che trovate in download.

Ultime raccomandazioni: cercate di praticare questi esercizi in modo costante, se potete tutti i giorni, anche se per pochi minuti. Iniziate nella parte bassa della tastiera e cercate poi di spingervi oltre, arrivando anche agli ultimi tasti.

Partite da velocità moderate per poi aumentare gradualmente. Un ottimo punto di arrivo è l’esecuzione in sedicesimi a 100 bpm.

Se vi dovessero interessare le diteggiature per le altre scale modali su 2 ottave, le trovate tutte sul mio libro “Il basso elettrico dalla A alla F” che trovate come e-book  qui, oppure su Amazon in cartaceo.

Non mi resta che augurarvi BUONO STUDIO!

Esercizi per basso

Di |2018-10-25T15:04:51+02:00Ottobre 19th, 2018|armonia, basso elettrico, Esercizi per basso, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Esercizi per basso: BASS FITNESS!

Armonizzazione della scala maggiore e dominanti secondarie

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Le dominanti secondarie, nella fantasia di chi si avvicina allo studio della musica, incutono sempre un certo timore. Va bene tutto, si possono fare mille esercizi di tecnica, si può affrontare il basso elettrico in modo da diventare virtuosi ( o provarci ), ma quando sentiamo per la prima volta queste 2 parole vicine: “dominanti secondarie”, ci sale sempre un brivido lungo la schiena…Oddio! Cosa saranno mai? Chi le ha inventate, queste dominanti secondarie e perchè? Ce n’era proprio bisogno?

 

Bene, diciamo che, bisogno magari no, per carità sono altri i bisogni della vita; però, vi assicuro che una volta compreso il concetto, per altro neanche poi così difficile, si aprono mille strade dal punto di vista compositivo, principalmente.

Dunque, prima di parlare di dominanti secondarie, è bene parlare di un concetto un pò più ampio, applicabile per altro anche in modo un pò più “tecnico” al basso: si tratta dell’armonizzazione della scala maggiore.

Cosa significa armonizzare una scala? La teoria musicale ci dice che armonizzare una scala significa costruire un’accordo su ogni grado della stessa, le cui note facciano parte della scala.

Ipotizziamo quindi di utilizzare la scala di do maggiore, per comodità. ( La scala di do ha solo note naturali, spero lo sappiate, altrimenti prima di questa lezione, fareste bene a riprenderne almeno un’altra,quella in cui parlavo di scale e tonalità, che trovate qui.

Se vogliamo costruire 7 accordi, uno per ogni nota su questa scale, non dobbiamo far altro che posizionarci sulla tonica ( DO ), e trovare las ua terza e la quinta ( MI e SOL, rispettivamente ); poi andiamo sul re e troviamo le sue ( FA e LA ), sul mi ( SOL e SI ) e via dicendo.

Quello che otteniamo sono queste triadi:

DO(maggiore), RE(minore), MI(minore), FA(minore), SOL(maggiore), LA(minore),SI(diminuito).

Questi sono in tutto e per tutto i 7 accordi, le 7 triadi, che possiamo trovare in DO maggiore. Ogni accordo al di fuori di questi risulterà, anche se pre tempi brevissimi, fuori dalla nostra tonalità.

Se pensassimo di creare un giro di accordi ( cosa che nel video vi suggerisco ), potremmo poi crearci sopra una melodia che abbia solo le note della nostra scala di DO.

Chiaro fin qui?

Bene. Ipotizziamo ora che anzichè delle semplici triadi, su ognuno dei gradi della scala volessimo costruire degli accordi di settima. Come fare?

Semplicemente , allo stesso modo, andrò a scegliere come settima di ogni accordo una note facente parte della scala di partenza. Ed ecco che sulla triade DO maggiore ( DO MI SOL ) vado aggiungere un SI; sulla seconda triade ( RE FA LA ) aggiungo DO; sul MI minore aggiungo RE. Ecc, ecc.

Vado ora a controllare quali accordi avrò formato ed otterrò i seguenti:

DOmaj7; REmin7; MImin7; FAmaj7; SOL7; LAmin7; SImin7b5

Questi sono i miei 7 accordi della tonalità di DO maggiore; posso generalizzare dicendo che armonizzando una scala maggiore ottengo questi accordi:

Imaj7; iimin7; iiimin7; IVmaj7; V7; vimin7; viimin7b5

In questo modo so che lo stesso criterio lo potrò trasportare in tutte le tonalità, e la tipologia degli accordi rimarrà sempre la stessa, sugli stessi gradi.

Questo significa armonizzare una scala.

L’abbiamo visto sulla scala maggiore, vedendo così quali accordi si originano, e in particolare sulla scala di DO maggiore, per semplicità.

E’ ovvio che posso armonizzare anche altre scale; e finchè saranno scale maggiori, otterrò sempre la stessa sequenza di accordi, mentre invece, l’armonizzazione di scale diverse ( come la minore armonica o la minore melodica ) darà origine ad accordi diversi. ( Su questo torneremo più in là )

Ora: osservando gli accordi generati, noto che ce n’è solo uno di settima ( triade maggiore con settima minore ), ed è quello che si costruisce sul V grado; dato che il quinto grado di una scala maggiore è detto dominante, questo accordo verrà chiamato anche accordo di settima di dominante, ed è unico all’interno della nostra tonalità.

E finalmente arriviamo al dunque.

All’interno di una qualsiasi tonalità,  noi possiamo far precedere un accordo tonale ( cioè della tonalità stessa ), un accordo V7, che risolva sullo stesso.

Questa sarà chiamata dominate secondaria.

Ecco alcuni esempi:

Ho questa progressione di accordi:

 

Imaj7       –          IImin7

 

che, in DO, sarebbe:

 

DOmaj7     –    Remin7.

 

Il secondo accordo può essere preceduto dal SUO accordo di dominante, ovvero un accordo che sta una quinta sopra, ed è di 7. In questo caso sarà LA7:

Domaj7   —->  LA7  —–> REmin7

Il LA7 non è, ovviamente un accordo che fa parte della nostra tonalità iniziale ( DO ), avendo al suo interno il DO#, terzo grado, ma possiamo utilizzarlo per preparare il nostro cambio sul Remin7, di cui è 5° grado.

In DO, le dominanti secondarie dei diversi accordi sono queste:

DOMI. SEC. ——> GRADO DELLA SCALA

 

A7                                  Dm7

B7                                  Em7

C7                                  Fmaj7

D7                                  G7

E7                                   Am7

F#7                                Bm7b5

 

 

Notate, tra l’altro, come lo stesso accordo di dominante, abbia una sua dominante secondaria, un accordo V7 che risolve su un altro accordo V7. Pensate un pò, questa cosa può essere ripetuta più volte…Ma questo è un altro discorso.

Per oggi direi che basta così. Rifletteteci, guardate il video, e provate a cimentarvi nell’esercizio di composizione che suggerisco nel video stesso.

Buon lavoro!

 

 

 

 

 

Di |2018-10-12T14:29:27+02:00Ottobre 12th, 2018|armonia, basso elettrico, dominanti secondarie, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su Armonizzazione della scala maggiore e dominanti secondarie

COUNTRY BASS: IMPARA A SUONARE COME UN VERO COWBOY

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Country bass, ovvero: I cowboy suonavano il basso?

Scherzi a parte, sapete bene come la penso riguardo al fatto di suonare al meglio più generi e stili sul nostro strumento  (  e non solo sul nostro, ma qui ci occupiamo di basso ); e a tal proposito, il country, e quindi quello che chiamo Country bass, diventa un tassello importante, e, a mio modo di vedere, anche parecchio divertente.

 

Quindi, come si suona il Country?

Per capire al meglio come fare del buon Country bass, è fondamentale conoscere quanto meno le origini del genere, e gli sviluppi che ha avuto nel corso degli anni, con la nascita di alcuni stili, che, anche in questo caso, possiamo identificare come sottogeneri.

La Country music ha le sue radici, pensate un pò, in Europa. E’ dai qui che arrivano le prime tracce di qualcosa che si trasformerà poi nella tipica musica americana. E, se ci fate caso, delle tracce di Europa si trovano tutt’oggi nel genere; pensate al violino ( strumento di tradizione europea ), o al mandolino ( tipicamente italiano )! da un punto di vista puramente bassistico ritroviamo la tradizione europea nel classico modo di accompagnare country, ovvero l’alternanza di I e V in quarti ( ascoltate l’orchestra di liscio alla prossima festa di piazza e capirete meglio a cosa mi riferisco… ).

La musica country ha origine rurale, è infatti dalle campagne del sud degli States che inizia a prendere la forma che oggi conosciamo, sotto il nome di “Hilbilly” music, ovvero la musica degli Hillbillies, i contadini di quella zona del mondo.

Negli anni ’50 il genere, ormai conosciuto in tutti gli Stati Uniti, pone il quartier generale della sua discografia a Nashville, da cui fioriranno alcuni degli artisti più importanti di sempre, e nel corso degli anni, subirà influenze anche da altri tipi di musica americana, in particolare dal rock’n roll, musica che vede la luce proprio in quel periodo e che da il nome anche a quel sotto genere che nasce di fatto con l’incontro tra i 2 mondi: Rockabilly, è infatti una parola che deriva da “Rock” e “Hilbillie”.

L’industria discografica country nei decenni successivi è in costante crescita fino a quando, negli anni ’90, con la nascita del ballo che ancora oggi gli viene associato, la “line dance”, si espande in tutto il mondo.

Dall’incontro della musica country con altri generi e stili sono nati dischi e artisti che vale assolutamente la pena di menzionare, dagli Eagles a Jackson Browne, fino a James Taylor o Neil Young.

Il basso country, come dicevo, consta principalmente di questo modo di accompagnare molro “popolare” su tonica e quinta, ma, a seconda poi degli stili che vogliamo ottenere, ci possono essere più o meno varianti.

Quali sono? beh, di sicuro, il consiglio che vi posso dare è di guardare il video, scaricarvi le partiture che trovate nella sezione download, e farvi più repertorio possibile!

Arrivederci, Gringo!

 

Di |2018-10-12T13:35:26+02:00Ottobre 5th, 2018|basso elettrico, blues, country music, musica, rockabilly|Commenti disabilitati su COUNTRY BASS: IMPARA A SUONARE COME UN VERO COWBOY

INFLUENZE, INFLUENCER, O…INFLUENZATO?

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INFLUENZE, INFLUENCER O INFLUENZATO???

Ciao.

MI dicono tutti che quando inizi a farti vedere su youtube rischi di diventare influencer.. Beh, non so cosa voglia dire di preciso, ma nel dubbio mi sono fatto venire l’influenza…

E a proposito di influenze… Cosa vuol dire essere influenzati? Come si fa a farsi influenzare?

Quanto sono importanti le inifluenze sulla musica che facciamo?

Beh, a sentire quello che dicono tutti, sono fondamentali, e sinceramente, sono d’accordo. Ma vediamo perchè:

Come si fa ad essere influenzati da qualcosa? Beh, fate un esperimento sociale: provate, ad esempio, se siete di Milano, ad andare a vivere qualche mese, magari qualche anno, non so, a Firenze…. Tornerete che qualcuno vi chiederà. “Ma sei toscano?” Ebbene, si, senza volerlo, in modo naturale, cambierà il vostro modo di parlare, la vostra cadenza nelle frasi, magari anche l’accento… Ecco: siete stati influenzati.

Lo stesso accade in musica: quando si dice che Tizio, Caio e Sempronio, noti jazzisti sono stati influenzati dalla musica brasiliana, ad esempio, significa che, magari hanno frequentato a lungo musicisti provenienti da li, o ci hanno vissuto. Ecco che iniziano magari a prendere delle abitudini di quel tipo, ad esempio sul suono dello strumento, poi si può passare a provare ad imitare il fraseggio che a loro viene naturale, magari con l’uso di scale che non conoscevano prima, o semplicemente facendone un altro uso… Pensate se questo discorso lo estendiamo alla questione ritmica… e pensate in questo senso il peso che ha avuto la musica cubana sul jazz, ad esempio.

Un altro esempio, ricollegandomi a un mio video di poco tempo fa, pensate alla forte influenza che ha avuto il reggae sulla musica pop/rock dalla seconda metà degli anni ’60: ascoltate certi brani di Stevie Wonder o di Eric Clapton… Conoscere quella musica li ha portati a volerla approfondire e a “rimescolarla”, in qualche modo alla loro, creando cose “Ibride” che qualcuno ha anche definito “pop-reggae” o “rock-reggae” ma che altro non sono che lo stile di un artista che ha subito l’influenza di un’altra cosa…

Esattamente come accade ogni volta che parliamo di generi ibridi. Il “funk-rock”, il “rock-blues”… Cosa sono? Etichette create ad hoc, propbabilmente per “inscatolare” generi diversi tra loro, ma chealtro non sono che delle libere interpretazioni di un determinato artista di una musica che non gli appartiene, ma si può dire, l’abbia influenzato…

Le influenze sono importantissime per la popular music ( e non solo probabilmente ), sono quella linfa vitael che le permette di non incartarsi su se stessa, ama di rinnovarsi, reinventarsi. Quindi è molto importante che ognuno, a suo modo, ci metta del suo.

Il grande jazzista dovrebbe costantemente girare il mondo, probabilmente, per continuare ad evolvere.

Il semplice musicista che si diletta a suonare musica che gli piace, potrebbe e dovrebbe fare anceh lui qualcosa: ascoltare musica che non considera propriamente sua; provare a suonarla e ad assorbirla, negli aspetti principali. Provare poi a “riciclarla”, come idee, in qualcos’altro: un arrangiamento di una cover, un brano originale.

Le influenze possono essere larghe, in questo senso: esempio: sono un bluesman, provo ad ascoltare molto rock, o viceversa: esperimento già fatto, negli anni ’60/70… e cosa è venuto fuori è sotto gli occhi di tutti:hendrix, Eric clapton, Led zeppelin, deep purple…

Oppure funk e jazz, volendo, pensate agli incognito…

Chiunque può essere influenzato da qualcosa o anche qualcuno, a livello musicale. E’ per quello che è molto importante ad esempio per noi bassisti studiare brani e stili di più bassisti, per non farsi influenzare da uno solamente e rischiare di diventarne la fotocopia.

Se invece si studiano più brani di più bassisti di stili diversi, poi si può rielaborane il meglio e crearsi un proprio stile, qualcosa di nuovo, in un certo senso…

Personalmente ritengo di essere stato influenzato principalmente da tutto ciò che è rock ( fino al Metal ),  da tutto ciò che è blues ( anche delta ) e da tutto ciò che è funky.

In particolare quando il funky incontra gli altri generi ( rock e blues ) si crea quella terra che per me è casa…

 

BUON ASCOLTO E BUONA VISIONE!

 

 

Di |2018-10-12T13:06:27+02:00Settembre 28th, 2018|Senza categoria|Commenti disabilitati su INFLUENZE, INFLUENCER, O…INFLUENZATO?

REGGAE BASS: 4 SEMPLICI BRANI PER CAPIRE COME SI SUONA IL REGGAE

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Reggae bass. Ovvero come si suona il reggae?

Ma prima ancora, secondo me, sarebbe lecito chiedersi: che cos’è il reggae? Non negatelo, so che molti di voi non l’hanno mai approfondito dietro alla classica frase-scusa “non è il mio genere”… Ma come ho già avuto  modo di dire in altre occasioni, se volete imparare a suonare è giusto e altamente salutare tentare di approcciare quanti più stili possibili, per poi trovare e approfondire meglio quello che sarà il proprio.

Il reggae, come tutti sanno nasce in Giamaica, e, come molti altri generi, dispone di una serie di stili, “sottogeneri”, che nel caso del nostro, nascono in ordine cronologico e con degli obiettivi ben precisi.

Se tralasciamo su tutto quello che è successo fin dai tempi degli schiavi importati dai coloni dall’Africa, ci troviamo catapultati nel XX secolo, quando, sotto dominio britannico, era facile ascoltare musica proveniente dagli Stati Uniti, che er, in quel periodo, soprattutto rhytm’n blues; fu questa la prima influenza musicale che portò al nascere della musica giamaicana che tutti conosciamo.

In Giamaica a quei tempi, non molti potevano permettersi di andare ad assistere a concerti live, e per la massa, la forma di divertimento musicale e d aggregazione principale erano i Sound System, una sorta di raduni in cui poter ascoltare e ballare musica diffusa da impianti enormi. E la musica diffusa, neanche a dirlo, era proprio di provenienza americana.

Ben presto però si iniziò a trovarne sempre meno, e fu lì che un tale Clement “Coxsone” Dodd ebbe l’intuizione di iniziare a produrne di sua in studio, chiamando a suonare musicisti giamaicani.

I brani erano sempre di provenienza americana, ma, i musicisti inizarono a metterci del loro, creando così uno stile che venne definito “ska”. Inizia l’era di quello che viene denominato “early ska”, quello da cui tutto ha avuto origine, e che, nel 1962, anno dell’indipendenza della Giamaica, venne decretato musica ufficiale nazionale.

Ne 1966 si iniziò a pensare di rallentare i bpm, si iniziarono ad enfatizzare le linee di basso e la chitarra iniziava ad avvicinarsi ritmicamente a quel levar che tutti conosciamo: nasce il Rock steady, vero e proprio precursore di quello che sarebbe stata la musica dell’isola di li a poco e fino ai giorni nostri.

Da lì a poco altri cambiamenti nello stile e nel portamento, anche delle linee di basso, portarono alla nascita del vero e proprio reggae, che di lì a poco sarebbe diventato anche “Roots reggae”; è il momento in cui la musica si fonde con la religione rastafariana, facendo nascere tutti quegli stereotipi che conosciamo tutti ( la capigliatura, Bob Marley, l’erba… )

Ogni periodo ha dunque dato origine ad uno stile, ed ogni stile ha un suo modo di interpretare le linee di basso del reggae bass. Non è certo studiando queste 4 che si potrà diventare dei bassisti reggae, ma di sicuro è un ottimo inizio, per avvicinarsi al genere e per provare a cimentarsi su dei giri di basso che non sono proprio convenzionali.

Provare per credere, buon Reggae bass!

 

 

 

Di |2018-10-12T13:08:02+02:00Settembre 21st, 2018|Senza categoria|Commenti disabilitati su REGGAE BASS: 4 SEMPLICI BRANI PER CAPIRE COME SI SUONA IL REGGAE

LEZIONI DI BASSO ELETTRICO: LETTURA RITMICA

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LETTURA RITMICA

La lettura ritmica è uno degli elementi più importanti nella conoscenza e nelle competenze che dovrebbe sviluppare un bassista.

Attenzione: ho detto Lettura ritmica, non fatevi spaventare dalla prima di queste 2 parole… Non è la lettura che tutti intendono, quella che si assimila tradizionalmente attraverso il solfeggio e che spaventa tutti gli aspiranti musicisti (e  non solo bassisti… ).

 

La parola “ritmica” si riferisce infatti all’idea di imparare a leggere ciò che è ritmico, bypassando, volendo tutto quello che ha a che fare con l’altezza delle note ( e quindi il pentagramma tradizionale con tutti i suoi criteri ). Per una buona lettura ritmica è sufficiente anche un solo rigo, sopra il quale porremo le nostre figure, che, ovviamente non avranno valore di note; saremo noi a decidere se eseguire quelle figure utilizzando una o l’altra nota ( le corde a vuoto per questo scopo vanno benissimo, ad esempio ).

Scegliete dunque una nota, ed allenatevi al leggere una certa figura ritmica SUONANDO direttamente lo strumento. Ovviamente il metronomo dovrà essere il nostro fido compagno di viaggio, non dimenticate mai di tenerne uno, a tempi lentissimi ( consigliati i 55 bpm o anche meno ); a questo punto potremo iniziare a leggere, magari iniziando proprio dagli esercizi che trovate qui, che altro non sono che degli estratti dal celebre metodo per solfeggio ritmico “Dante Agostini” tanto caro ai nostri amici batteristi e, in generale, a chiunque si avvicini ad uno strumento a percussione.

Se utilizzate questo libro, iniziate dal principio, concentratevi ( se non l’avete mai fatto prima ) sulle note lunghe, inizialmente ( 4 e 2 quarti ), poi mano a mano potrete aggiungere delle figure più brevi con gli esercizi seguenti, fino a che non arriverete a leggere dignitosamente frammenti comprendenti delle figure di note e pause da 1/16.

Una volta ottenuta una certa pratica, il consiglio che vi dò è di estrarre una o più misure dai vari esercizi ( preferibilmente dalla sezione in cui saranno stati introdotti i sedicesimi ) e provate ad “inventarvi” una vostra linea di basso, possa essere un riff, una mini-frase pensate per un solo, o ciò che volete voi, ma, appunto, l’indispensabile è che partiate da una figura ritmica, che vi sta a cuore e che secondo voi, con le dovute note potrà suonare bene.

Fatto questo, potrete dire di padroneggiare meglio la lettura ritmica sullo strumento, e, a questo punto, se vorrete, potrete imparare anche le note sul pentagramma, in chiave di basso; ma questo è un altro discorso…

Buon divertimento and…have a bass day!

 

Di |2018-07-13T16:07:45+02:00Giugno 29th, 2018|basso elettrico, musica|Commenti disabilitati su LEZIONI DI BASSO ELETTRICO: LETTURA RITMICA

LEZIONI DI BASSO ELETTRICO: LE SCALE MAGGIORI

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LEZIONI DI BASSO: LE SCALE MAGGIORI

Tutto il mondo è fatto a scale, direte voi. Scale maggiori, per l’esattezza.

In che senso? Cos’ è una scala maggiore?, In generale, in  musica, cosa si intende per scale, e perchè tutti ne parlano? Tutti dicono che sono importanti, e che dobbiamo studiarle?

E noi, che volevamo solo suonare il basso, perchè siamo costretti a relazionari con le scale?

 

 

Calma, andiamo con ordine. Innanzitutto vediamo di capire cos’è una scala, secondo la teoria musicale, in generale. Per scala intendiamo una sequenza di suoni ( note ) disposte dalla più bassa alla più alta ( e/o viceversa ) secondo un preciso schema di toni e semitoni. Questo “schema” viene chiamato anceh MODO ed è quello che definisce una determinata scala, dandole pure il nome. A esempio chiamiamo scala MAGGIORE quella che ha il seguente modo:

T – T – S – T – T – T- S

Se iniziamo dalla nota DO ed applichiamo questo modo, otteniamo la seguente scala:

DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI – DO

Ovvero la scala per eccellenza , quella che ci insegnano fin dai tempi dell’odiatissimo flauto dolce… Bene: questa scala prende tecnicamente il nome di scala di DO MAGGIORE. “Di Do” semplicemente perchè inizia dalla nota do, “maggiore” perchè, a partire da quella nota, abbiamo applicato il modo maggiore.

Ora: se noi iniziamo da un’altra nota, qualsiasi ed applichiamo il modo maggiore, otterremo la scala maggiore di…quella nota (es. da RE scala di re maggiore, da FA scala di fa maggiore, e via dicendo ).

Sul basso elettrico ci sono diversi modi, alias diverse “diteggiature” utili a suonare una determinata scala sul basso.

Ora, appurato che per il momento ci interessa parlare in particolare solo del modo maggiore, concentriamoci su questo, cercando di capire dove si suoneranno le scale maggiori sulla tastiera del basso elettrico.

Iniziamo dalla scala di do: prendiamo il nostro do al 3° tasto della 3^ corda, e da li applichiamo il modo maggiore, ovvero ci spostiamo di un tono, poi ancora di un tono, ecc. Facciamo molta attenzione in questa fase ad aiutarci con le note delle corde a vuoto ( re, e sol in particolare su DO maggiore ), e troviamo la diteggiatura più corretta per eseguire tutta la scala senza fatica.

Immediatamente dopo proviamo a fare la stessa cosa posizionandoci sulla nota SOL, che troviamo sempre al 3° tasto, ma, questa volta, della 4^ corda.

Noteremo come, essendo il modo sempre quello maggiore, avremo una diteggiatura veramente simile a quella di do maggiore, ma riportata su una corda sopra ( qui il video può aiutarvi sicuramente a capire meglio ).

Le difficoltà possono iniziare nel cercare note e diteggiature delle scale di Re, La e MI maggiore. Quindi il consiglio che vi do, da qui in poi è quello di guardare il video e lasciarvi guidare da suggerimenti e dagli esercizi, che trovate nella sezione download del sito, nonchè, in forma estesa, sul mio libro, acquistabile qui.

Per oggi è tutto, linea..a voi e buon basso!

 

 

Di |2018-07-13T16:08:45+02:00Giugno 15th, 2018|basso elettrico, musica|Commenti disabilitati su LEZIONI DI BASSO ELETTRICO: LE SCALE MAGGIORI

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