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Come si sceglie l’Insegnante di basso?

 

Ehi Basswalker!

 

            Oggi voglio parlarvi delle lezioni di basso; e questo punto qualcuno di voi potrà ribattere: “Strano, per uno che ha un canale YouTube dedicato alle lezioni di basso…”

 

            Ecco, il punto è che non voglio, in queste poche righe, farvi una lezione, ma più che altro cercare di persuadervi ad andarci, a lezione di basso.

            Attenzione, ho detto di andarci, non vi sto chiedendo di farlo con me; io ho deciso da ormai parecchio tempo di lavorare molto sulle lezioni online, ho un canale YouTube, realizzo video corsi, e da poco ho ripreso anche le lezioni via Skype (te ne parlo tra un attimo). Ma non ti sto chiedendo di fare lezione con me, semplicemente vorrei invitarti a trovare il TUO insegnante e iniziare a perseguire seriamente i tuoi obiettivi da bassista.       

 

            Per quanto io sia un grandissimo fan dell’apprendimento online (altrimenti non farei quello che faccio), ritengo che sia molto utile avere un Maestro in carne ed ossa che ti possa seguire da vicino; che ti possa aiutare a crescere anche tra una battuta e due risate, dal vivo. Il Maestro di musica è, per tutti, un mentore, una volta che l’hai trovato, una persona a cui resterai legato anche quando deciderai di proseguire da solo il tuo percorso.

 

            Ed è molto importante saperlo scegliere; ci sono tantissimi bravi insegnanti là fuori, ma non tutti sono adatti a te, al tuo modo di vedere la musica, ai tuoi tempi di apprendimento, al tuo gusto musicale. E ricorda una cosa: bravo musicista non significa necessariamente bravo insegnante; nei Paesi anglosassoni la preparazione musicale per diventare insegnante (Trainer) è diversa da quella per diventare musicista (Performer); sarebbe bello fosse così anche da noi, e invece purtroppo non lo è, e molto spesso capita che ottimi musicisti decidano di insegnare (il più delle volte per esigenze di conti da far quadrare) ma non sia proprio il loro lavoro; lo si fa per tappare i buchi, e magari proprio mentre ti stai innamorando di un argomento non riescono a seguirti perché partono per un tour, che è la loro priorità!

            O, banalmente, non è neanche detto che nel momento in cui insegnano riescano a farti comprendere facilmente cosa e come fare: insegnare a suonare è un mestiere molto diverso da quello di suonare!

 

            Esclusi quindi i maestri scelti per “il nome” che hanno da musicisti, prova ad orientarti su insegnanti che abbiano il tuo gusto musicale, che sappiano comprendere che tu, probabilmente, fai altro per vivere, e che essendo solo un hobby il tempo che puoi dedicare non sarà moltissimo o comunque non lo sarà in modo costante, e che sappiano comunque darti qualcosa, adatto alle tue esigenze e che ti aiuti a crescere!

 

            Tutti vorremmo imparare dai grandi Maestri del basso, però più si mira in alto e poi più tempo bisogna dedicare allo studio, questo è un dato di fatto; non voglio certo scoraggiarti, ma semplicemente dirti che, come ripeto da quando ho iniziato insegnare, siamo tutti diversi e ognuno deve scegliere il suo percorso in modo che si adatti alle proprie caratteristiche. Scegliere il Maestro giusto pasa anche e soprattutto da qui: qualcuno che ti comprenda e che ti aiuti a crescere in base a quello che sei tu.

 

Quindi armati di pazienza e buona ricerca!

 

            Nel caso invece tu abbia intenzioni di seguire me, ti informo che dopo un lungo periodo di pausa ho riattivato anche le lezioni via Skype (o simili), in modo da accontentare anche tutti quelli che in questo periodo mi hanno chiesto informazioni ma sono troppo distanti dalla Provincia di Varese…

Se vuoi avere info o addirittura già prenotare le tue lezioni con me clicca QUI!

 

 

 

 

 

 

Di |2023-11-15T16:19:21+01:00Novembre 16th, 2023|Senza categoria|Commenti disabilitati su Come si sceglie l’Insegnante di basso?

QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

 

 

 

Ehi Basswalkers!

 

Oggi voglio raccontarvi un po’ di come mi sono avvicinato al basso elettrico; sì lo so, probabilmente sarà un testo nostalgico tipico dei diversamente giovani come me, che quando si guardano indietro lo fanno un po’ come quelli che “ai miei tempi!” …

 

Alla fine, viviamo in un Paese e in un’era dominato dai luoghi comuni, “si stava meglio quando si stava peggio”, “non ci sono più le mezze stagioni”, e chi più ne ha, più ne metta; il senso è che, da una certa età in poi, quando si guarda al passato si vede solo il meglio; oggi fa tutto schifo, ieri era tutto bellissimo.

Peccato solo che, nella maggior parte dei casi, mentre lo vivevamo, quello “ieri”, lo odiavamo profondamente!

 

Allora, io ho iniziato a suonare il basso nell’estate del 1990; si, esatto, proprio nell’estate delle “Notti magiche” di Bennato, Nannini e Schillaci. Avevo formato la prima band dopo aver preso qualche lezione di chitarra, e come spesso accadeva, eravamo quattro chitarre e non c’era il bassista; per fortuna c’era almeno un basso, che uno di noi possedeva, e alla sua domanda “me lo reggi un attimo?”, risposi di si. Ecco, dopo 33 anni non l’ho ancora posato…

 

 

 

Lì possiamo dire sia iniziata la mia avventura bassistica; naturalmente suonavo in una band uno strumento che non avevo mai visto prima; quindi, ti lascio immaginare l’ansia da prestazione, ogni volta! Come risolverla?

Cercando di imparare quanto più possibile nel minor tempo possibile; e qui, i problemi: insegnanti di basso validi ce ne erano pochi e soprattutto, da totale inesperto, non sapevo neanche dove cercarli; il mio insegnante di chitarra si propose, ma mi accorsi subito che non era esattamente il suo mestiere, se non altro perché in una lezione di gruppo con cinque altri chitarristi, portare il basso non era la soluzione migliore per imparare…

 

Ci volle un anno e mezzo prima di scoprire che nel paese a fianco al mio c’era un gran bassista da cui finalmente riuscii ad andare a lezione, ma nel mentre, provai a studiare da solo: immaginate: niente internet, quindi zero tabs, zero negozi online in cui provare a cercare metodi o video (assolutamente vhs in ogni caso) e zero informazioni su negozi specializzati, trascrizioni di brani famosi…Niente di niente!

Ah, e naturalmente ai tempi il basso elettrico era bandito dai Conservatori e quelle poche scuole di musica pop-rock erano costosissime…

 

Quello che avevo erano un quaderno pentagrammato, uno stereo con cassette e vinili (anche il lettore cd l’avrei comprato più tardi).

 

E quindi?

 

Di certo in quel periodo ho sviluppato l’astuzia: qualche trucchetto e mi sono spaccato la mano con esercizi inventati da me (e quello mi sarebbe servito anni dopo, facendo l’insegnante); ma, di contro, ci ho messo molto più tempo di quanto ce ne avrei messo se fossi nato o avessi iniziato a suonare una quindicina di anni più tardi, almeno.

 

La morale?

 

Quello che voglio dire è che, se sei nella fascia di età in cui mi ritrovo io, dovresti renderti conto che se da un lato, per molti versi, può essere vero che “si stava meglio quando si stava peggio”, dall’altro lato non dovremmo sputare sempre contro le nuove tecnologie, i nuovi media e questo nuovo modo di vivere, ma anzi, dovremmo usarli a nostro favore.

 

Chi vuole iniziare a suonare il basso al giorno d’oggi o anche chi già suona ma vorrebbe migliorarsi e si arena sempre davanti al “non ho tempo”, dovrebbe capire quali sono i vantaggi di questa era: non hai tempo per andare da un insegnante a quattro chilometri da casa? O in una scuola? Benissimo: inizia seguire qualche lezione su YouTube (QUI trovi le mie, ad esempio), e se non ti basta, valuta un VIDEO CORSO! Lo segui da casa, smetti e riprendi quando vuoi, e ti costa meno…Giusto?

 

La tecnologia sotto questo punto di vista ci ha aiutato molto negli anni, approfittane!

 

O vuoi continuare a farti dare del boomer? 

 

 

Di |2023-07-20T12:20:23+02:00Luglio 20th, 2023|basso elettrico, Blog, teoria musicale|Commenti disabilitati su QUANDO NON C’ERA YOUTUBE

SUONI IL BASSO? ALLORA SAI SUONARE LA CHITARRA!

Ehi Basswalker!

Probabilmente ci siete passati, come tutti i bassisti del mondo, credo: arriva il classico conoscente, che non vi vede da tempo, e gli dite che avete iniziato a suonare il basso; la sua risposta è scontata: “Ah, ma allora sai suonare anche la chitarra!” …

Già vedo quell’espressione sui vostri volti, e mi immagino i pensieri violenti che vi stanno passando per la testa…

Quindi vi dico: calma, respirate, e contate fino a dieci.

Sappiamo tutti che per i non musicisti, specialmente quelli che la musica quasi neanche la ascoltano, basso e chitarra sono praticamente la stessa cosa, sono probabilmente anche quelli che chiamano “violoncello” o “grosso violino” il vostro contrabbasso, e che quando vengono (se vengono) a sentirvi suonare, a metà concerto si avvicinano al palco mentre vi state dimenando a terra totalmente sudati eseguendo un pezzo super difficile e vi chiedono con sommo gaudio: “dopo mi metti quella che ha vinto Sanremo?”…

“Mi metti” … “Sanremo” …

In pratica stanno generando dei serial killer, sono istigatori alla violenza seriale, nei confronti di noi musicisti, che tentiamo, in qualche modo, di capire sempre tutti, ma a volte veniamo messi a dura prova…

Ripeto: calma, respirate, e contate fino a dieci.

E partiamo dal principio.

Focalizziamo l’attenzione sulla differenza tra chitarra e basso; quello che possiamo dire al famoso conoscente immagino lo sappiate già, si parte dal numero delle corde, le frequenze basse, eccetera. Ma il nocciolo della questione è un altro, e qui divento serio: potrebbe essere utile, se non strettamente necessario, avvicinarsi alla chitarra, prima o poi.

Non spaventarti, non sto dicendo che da domani devi mollare il basso e aspirare a diventare Van Halen; ti sto solo invitando a riflettere almeno su una cosa, e cioè che da sempre, da quando esiste la didattica della musica, chiunque si avvicini ad uno strumento NON prettamente armonico (chitarra o pianoforte), viene instradato prima o poi allo studio di uno di questi (in particolare, se accedessi al Conservatorio classico, ti troveresti a studiare “pianoforte complementare” fin da subito).

Il motivo è presto detto: quando si studia seriamente musica, uno degli aspetti da curare assolutamente è lo studio dell’armonia, e se devo studiare armonia seriamente ho bisogno di ascoltare le regole, per capirle davvero. E per ascoltarle devo essere in grado di suonare accordi e progressioni con uno strumento che mi permetta di farlo in modo chiaro; va da sé che la scelta si limita a questi due: chitarra o pianoforte.

Ora, magari sei un fortunato possessore di uno Steinway a gran coda, o magari anche qualcosa meno, ma un pianoforte in casa ce l’hai e lo strimpelli; in quel caso ritieniti fortunato ed esente dal mio discorso odierno.

Se invece non ne hai mai visto uno e vivi in un monolocale con il cane e 4 gatti, è più probabile che l’armonia andrai a studiarla su uno strumento più piccolo, come, ad esempio, la chitarra.

Ed ecco risolta la questione: saper suonare (un po’) la chitarra è una grande idea.

 

Anche perché ti puoi permettere anche di scrivere qualche bozza di canzone, volendo, di intervenire nei discorsi della band in cui si parla di accordi, e perché no intervenire anche sugli arrangiamenti!

Quindi per chiudere il consiglio è: non ammazzare chi ti dice che se suoni il basso suoni anche la chitarra, ma valuta seriamente di imparare a suonarla (o a suonare il pianoforte), un minimo, quello che ti serve per perfezionarti da un punto di vista musicale più generale, ok?

A Proposito, chiede il mio conoscente: “Ma dentro quella custodia così grossa cosa c’è, un morto? Ah ah ah”

Di |2023-07-06T13:19:11+02:00Luglio 6th, 2023|Blog, Senza categoria|Commenti disabilitati su SUONI IL BASSO? ALLORA SAI SUONARE LA CHITARRA!

Quante scale devo imparare?

Ehi Basswalker!

 

La situazione è questa: hai iniziato studiare il basso seriamente (o ripreso, dopo tanti anni), e ti stai rendendo conto che ogni volta che impari una scala, arriva il tuo maestro e te ne suggerisce una nuova… A questo punto ti chiedi: ma quante saranno? Quante ne devo imparare? Finiranno mai? E soprattutto: le userò mai tutte?

 

Conosco quell’espressione, che hai sul viso, in questo momento, l’ho avuta anch’io a suo tempo.

 

Oggi sono qui per provare a darti una risposta che ti sia per lo meno utile.

 

La prima cosa che posso dirti è che devi stare tranquillo, non devi impararle tutte. Dopodiché occorre però fare alcune precisazioni e analizzare il tuo caso, che può essere diverso da quello di molti altri.

Quando ci approcciamo allo studio di una materia come la musica, dovrebbe attivarsi in noi una curiosità che ci porterà a volerne sapere sempre di più, come per tutte le materie, credo. La musica è in gran parte anche scienza, oltre che arte, e, in quanto tale, può essere esplorata in modo esponenziale, per rendersi conto di quanti argomenti affascinanti tratta, che vanno dalla fisica(acustica) e arrivano, se vogliamo, fino alla psicologia, senza contare che si può approfondire la storia e naturalmente tutti gli aspetti tecnici che riguardano il “suonare” vero e proprio.

 

Ora, la parte più squisitamente teorica è una materia decisamente vasta, e ci parla di scale, appunto, ma anche di accordi, volendo, di toni e semitoni, sistema temperato, microtoni e tutto il resto. Ti incuriosisce tutto questo? Se la risposta è affermativa, allora studia e cerca di comprendere quante più scale riesci!

 

Ma tieni presente che se arrivi ad approfondire scale esotiche, orientali o modi antichi, ovviamente lo stai facendo per pura passione, a meno che tu non decida di suonare la musica specifica di un certo angolo di mondo…Ad esempio, sai che cos’è il “pelog”? È una scala di sette suoni tipica del gamelan, musica di origine indonesiana.

Credi che suonerai mai del gamelan? Se sì, accomodati, in rete trovi molte informazioni su questa affascinante musica e sulle sue scale caratteristiche…

 

Spero che sia chiaro il senso del discorso, in ogni caso quello che ti voglio suggerire è: studia ciò che ti serve! Anche in caso tu abbia mire da professionista, potrebbe non servirti tutto lo scibile a proposito delle scale; generalmente se andrai a suonare jazz ad alti livelli, o se deciderai di diventare un docente in materia jazzistica, allora sicuramente dovrai conoscere più scale di chi va a suonare hard rock nei pubs il sabato sera, questo è chiaro. Ma in linea di massima, ti ripeto: per cultura personale puoi approfondire ciò che vuoi, se suoni per divertirti un po’ di rock o del blues, al massimo, o metal, ma anche funk o r&b, allora una volta che conosci i modi della scala maggiore, le pentatoniche e se proprio vuoi un paio di modi dal sistema modale minore melodico, hai davvero tutto quello che ti serve e oltre.

Più ti avvicini al jazz o ad altri tipi di musica carichi di contaminazioni con culture diverse, allora più dovrai aggiungere certe scale al tuo bagaglio, perché poi avrai bisogno di ricreare probabilmente quel tipo di sonorità.

 

Quindi, per chiudere, ricorda che dipende tutto dal tuo approccio alla musica, allo strumento e dai tuoi obiettivi; stai tranquill* che si vive bene e si suona altrettanto bene anche senza avere mai avuto a che fare con certe scale dai nomi complicatissimi…

 

Buono studio!

 

Di |2023-06-29T10:36:18+02:00Giugno 29th, 2023|basso elettrico, Blog, musica, Senza categoria, teoria musicale|Commenti disabilitati su Quante scale devo imparare?

Suonare il basso come Gene Simmons dei Kiss

 

Suonare come Gene Simmons: secondo te è possibile? E se si, ti piacerebbe farlo?

         Riprendiamo oggi il percorso intrapreso sul mio canale YouTube qualche mese fa, ricominciando a parlare di bassisti che hanno fatto la storia del rock.

E, Dopo aver parlato di alcuni dei più virtuosi dello strumento oggi voglio concentrarmi su una delle icone, dei personaggi più rappresentativi del rock stesso, a prescindere dal basso: parliamo naturalmente di “The demon”, “The God of thunder”, di Gene Simmons, storico basso (e voce) dei Kiss

 

 

 

         Non tutti amano, o vorrebbero suonare come Gene Simmons, per almeno 2 aspetti: uno il suo carattere, non proprio lineare, diciamo, e l’altro il suo modo di suonare il nostro strumento.

 

         Personalmente lo trovo uno dei bassisti più significativi nel rock’n roll, di certo non tecnico, ma come ho già avuto modo di dire in altri video, non sono un amante della tecnica a tutti i costi, il rock’n roll è e deve essere sanguigno, essenziale, ma incisivo, e suonare come Gene Simmons può essere tutte queste cose.

 

         Da un punto di vista puramente bassistico le sue caratteristiche principali sono naturalmente, l’uso esclusivo del plettro (lui stesso dice che non avrebbe mai il suo suono con le dita), e poi principalmente 3 elementi: scale pentatoniche, slides un po’ ovunque e ampio uso delle ottave.

 

         Per suonare come Gene Simmons il primo step è rappresentato dalle scale pentatoniche: pensate a linee come “Detroit Rock City” o “100.000 Years”, mentre per le ottave basti pensare alla celeberrima “I was made for lovin’ you”; gli slides sono un elemento spesso ricorrente tra i bassisti rock, ma lui li enfatizza in modo particolare, inserendoli non solo come collegamento tra parti diverse, ma un po’ ovunque.

 

         Un altro punto che devi considerare se vuoi suonare come Gene Simmons è sicuramente il timing; lui stesso dice di essere diventato una specie di metronomo per la band, soprattutto perché pare che il primo batterista, Peter Criss, non fosse così preciso.

 

         Se si vuole capire come ottenere il suono di Simmons, non si può prescindere da uno sguardo alla strumentazione che usa; di sicuro il primo elemento è l’iconico “Axe bass”, basso voluto da lui e fatto costruire un liutaio, che utilizza come strumento principale dal 1979; ha suonato anche altri strumenti, dai quali ha sempre cercato di fare uscire quel timbro che lo contraddistingue; tra vari, giusto citare lo Spectrum, un Thunderbird, un Precision, nei primissimi tempi.

 

Il tutto sempre o quasi in amplificatori Ampeg, di vario tipo.

 

         Se volessimo quindi tentare di imitare il suo sound, sarebbe giusto partire da questi elementi; in mancanza eventuale dell’Axe bass, io penserei a un P-bass o un Thunderbird, o anche ad un qualsiasi basso attivo, con un ottimo punch, per avvicinarmi; al plettro (curando bene il tocco), e a delle corde nuove.

 

Come ampli, se hai Ampeg meglio, ma come ho detto più volte, provando e riprovando possiamo avvicinarci anche con qualunque cosa abbiamo a disposizione…

 

         Dicevo del suo caratteraccio…Vorrei chiudere raccontandoti un paio di aneddoti: Sapevi che ha dichiarato che i Kiss sono la band rock che lavora più duramente, per via delle 2 ore di concerto con 18 kg di armatura addosso? E che i Rolling Stones non ce la farebbero mai?

 

Oppure sapevi che dice di essere stato lui a inventare il gesto delle corna, molto prima di Ronnie James Dio?

Anche questo è Gene Simmons…

Suonare il basso come Gene Simmons

 

 

    E  per oggi è tutto, non perderti il video su Gene Simmons in uscita lunedì sul mio canale YouTube!

Iscriviti al mio canale per rimanere sempre aggiornato sulle nuove uscite, clicca QUI

 

    E ti ricordo anche che questo mese uscirà il mio nuovo video corso, “Impara tutti gli stili Vol. 1”, sei pronto?

Se vuoi saperne di più o se ti sei perso i miei video corsi precedenti, CLICCA QUI!      

 

Di |2023-01-05T23:31:29+01:00Gennaio 5th, 2023|Blog|Commenti disabilitati su Suonare il basso come Gene Simmons dei Kiss

Le prove con la band: Quando son poche e quando troppe?

         Le prove con la band: se ci sei passato sai di che parlo, se al momento sei “band-free”, non preoccuparti, prima di quel che pensi ti 
troverai in questa situazione...

 

         In ogni caso oggi voglio parlarti del non sempre semplice rapporto con le prove: sala prove, i colleghi musicisti, la preparazione a casa…Forse hai già capito dove voglio andare a parare.

Le prove con la band: Quando farle?

    Io credo che i musicisti, di ogni estrazione e preparazione si dividano in 2 macro-categorie: quelli che amano fare le prove con la band e quelli che invece le odiano.

Tendenzialmente la prima categoria è composta da quelli che magari suonano da meno tempo o comunque che non hanno particolari mire “live”, e che quindi vivono la sala prove come un buon passatempo, sicuramente divertente, impegnativo il giusto e che può regalare soddisfazioni, specialmente quando si provano brani piuttosto complessi e dopo tanta fatica si sente che finalmente escono bene.

 

         La seconda categoria, di contro, è spesso composta da musicisti semi-professionisti o quasi, che credono che le prove con la band siano una perdita di tempo, un investimento troppo oneroso, e fremono per uscire live con un repertorio raffazzonato di brani standard preparati velocemente, perché tanto si sa,…”la gente non capisce la differenza”.

 

         Ti sei riconosciuto in una di queste categorie? Bene, io personalmente dico di me stesso che sono un po’ “ballerino” tra le due, dipende dal contesto.

Quindi in realtà non credo che la seconda categoria sia da demonizzare assolutamente, anzi, in certi casi è l’unica opzione; ma bisogna stare molto attenti a non esagerare e soprattutto fare molto auto-critica prima di decidere come comportarsi.

 

         Se non hai nessuna mira da professionista credo sia giusto prendere tutto il tempo necessario per un buon numero di prove, non pensare subito ad uscire live, ma solo a suonare bene, e soprattutto suonare tutto ciò che ti piace.

         L’unico compromesso dovrebbe essere tra i membri della band: oggi io accetto di suonare un brano proposto da te, domani sarà il contrario. Non preoccupatevi di creare un repertorio troppo di nicchia, tanto anche con i repertori “fuffa” al giorno d’oggi si fa fatica a suonare…

 

         Lasciate la fuffa a chi deve campare di musica e quindi ha bisogno un ingaggio in più per mangiare e pensate a divertirvi. Quindi: FATE LE PROVE CON LA BAND, perché vi sono utili per il morale, per l’autostima e per migliorare. E cazziate come si deve il vostro collega che arriva alle prove in impreparato e che magari si crede pure superiore a voi…

 

         Di contro, se suonate per avere un’entrata, non necessariamente primaria, ma cospicua, allora è chiaro che sale prove, benzina, strumentazione diventano un investimento, che poi andrà ammortizzato con le date.

         Quindi meglio farne il meno possibile per mirare a suonare più possibile, magari in quei pochi posti rimasti che danno ancora dei cachet generosi. Ma per fare ciò bisogna avere le capacità: se non vuoi fare una prova in più, sei costretto a studiare BENE a casa, registra ogni singola modifica fatta ad un brano in quell’unica prova fatta e a casa ascoltala e studiala, se no avrai buttato via del tempo e avrete fatto una figuraccia.

        “Ma tanto la gente non si accorge degli errori” …Si ma il tuo batterista magari sì, e la prossima volta chiama un altro al tuo posto perché è brutto avere a che fare con chi non è preparato su un brano degli 883, anche se a casa suona “Confirmation” a memoria in 5 tonalità diverse…

 

Bene, allora a questo punto buono studio! Intanto ti consiglio, come sempre un giro sul mio canale YouTube

 

E se non l’hai ancora fatto, puoi iniziare proprio dai miei video corsi, che trovi qui!

Ci vediamo dentro, buon week end!

Di |2022-12-01T15:09:16+01:00Dicembre 2nd, 2022|basso elettrico, Blog, musica|Commenti disabilitati su Le prove con la band: Quando son poche e quando troppe?

I BICORDI SUL BASSO

 

Perché mai dovrei imparare a suonare i bicordi sul basso?

Te lo sei mai chiesto? O sei uno di quelli che ne fa uso, anzi magari ne abusa?

Io credo che sia una buona cosa imparare quanto meno a gestirli, perché, come dico sempre, è molto importante arricchire il proprio lessico musicale, per potersi esprimere al meglio nel maggior numero di contesti possibile.

Di conseguenza, anche i bicordi sul basso possono ricoprire un ruolo importante, soprattutto in alcune situazioni.

Per capire a cosa mi riferisco, è indispensabile innanzitutto capire quanti e quali tipi di bicordi possiamo suonare sul basso. Iniziamo dai più usati, soprattutto in contesti rock o simili: sono i bicordi di quinta, e sono identici a quelli che si suonano sulla chitarra; la differenza principale è che mentre i chitarristi per suonarli, solitamente sfruttano le corde più basse (generalmente con un suono distorto), noi li suoniamo sulle corde più acute. Questo, principalmente, perché il suono simultaneo di 2 suoni molto gravi non è proprio bellissimo da sentire…

Si possono utilizzare in diversi contesti, talvolta con l’aggiunta dell’ottava alta (utilizzando 3 dita e 3 corde), come usa fare spesso il grande Steve Harris, per esempio.

In alternativa alla quinta, delle note che è possibile utilizzare per generare un bicordo sul basso è sicuramente la terza. O sarebbe meglio dire le terze, dal momento che funzionano benissimo sia maggiori che minori.

Potresti pensare di esercitarti suonando tutta una scala maggiore su una corda (per esempio quella di Re), aggiungendo la terza di ogni nota (sulla corda Sol). Ascolta l’effetto e cerca di familiarizzare con questo tipo di sound, può tornare utile per creare interessanti fraseggi melodici, armonizzandoli in modo indipendente.

Un altro uso interessante dei bicordi, più funk, è quello di suonare la 3a e la 7a insieme, all’interno di un groove. Ci vuole un pò di pratica, il mio consiglio è quello di cercare in rete delle linee di basso costruite in questo modo, farle vostre, e poi provare a crearne di originali.

Per il momento puoi fare qualche esperimento suonando in modo alternato, un MI corda a vuoto (per due battiti) e un bicordo re-sol#, suonati rispettivamente al tasto 12 della seconda corda e al tasto 13 della prima corda (sempre per due quarti); esercitati a metronomo e ascolta l’effetto.

 

In ogni caso, se ti va di approfondire come suonare i bicordi sul basso, ho pubblicato un video su YouTube tempo fa, guardalo subito, lo trovi QUI!

Come ti ho già detto, puoi trovare questo e molti altri argomenti sui miei video corsi, che puoi acquistare qui

 

Buon week end!

Di |2022-11-11T11:07:15+01:00Novembre 11th, 2022|Blog|Commenti disabilitati su I BICORDI SUL BASSO

LEZIONI DI BASSO: Intenzione, pronuncia e fraseggio

 

Suonando il basso, a tutti sarà capitato di sentirsi dire almeno una volta una frase di questo tipo, magari durante una prova o dopo un concerto: “si, le note sono giuste, ma sbagli l’intenzione!”

E quindi? Se le note sono giuste, la parte è giusta, verrebbe da pensare, giusto?



 

E invece, forse, hanno ragione loro, quei musicisti “sapientoni” che vogliono farci credere che sono stati davvero ad ascoltare nota per nota ciò che abbiamo suonato durante tutto il brano; già, perché che ci abbiano davvero ascoltato anche solo per i primi 10 secondi sappiamo bene essere abbastanza poco probabile ( escludendo ovviamente i nostri amici batteristi, loro ci ascoltano sempre! )

Ora: partiamo dal presupposto che per sapere esattamente a cosa ci si riferisce con certi termini bisogna innanzitutto avere una discreta preparazione musicale. Ma soprattutto, per saper padroneggiare certi concetti sullo strumento, bisognerà poi avere una discreta tecnica.

Attenzione: per tecnica in questo contesto non si intende l’esecuzione di una determinata scala a velocità elevata ( quello sarete sempre in tempo a raggiungerla con un po’ di ginnastica per le vostre dita ), ma tutto ciò che vi permetterà di esprimervi sullo strumento in modo da dare un “colore” diverso alle note che andrete a suonare di volta in volta.

Una delle meraviglie del nostro basso elettrico è proprio quella che, per come è costruito, ci consente davvero una discreta quantità di elaborazioni ad una certa idea di base, previo, ovviamente, il fatto di conoscere alcuni piccoli “trucchi”.

Partiamo con il parlare della mano destra: ricordatevi bene che il suo compito non è solo quello di emettere un suono, ma anche attribuire certe qualità specifiche a questo suono! Se suoniamo con le dita vicino al ponte, ad esempio, avremo una timbrica totalmente diversa rispetto a quella che avremo suonando vicino al manico. Se poi suoniamo un po’ più forte il suono si modificherà rispetto a quando suoniamo più piano, e anche il fatto di suonare più con la punta del vostro dito piuttosto che con il polpastrello può modificare notevolmente il suono.

Avete visto quante sfumature può contenere la vostra tavola dei colori? E non abbiamo ancora accennato alla mano sinistra, che molti vedono anche come la più importante, per raggiungere certi effetti particolare sul basso.

Ora, a prescindere dall’importanza, è comunque ovvio che anche la sinistra può contribuire al suono, in che modo?

Se vi ricordate tempo fa già parlai di legature e ghost notes, 2 espedienti che possono dare qualcosa in più alla nostra parte di basso. In aggiunta oggi vorrei menzionarvi i cosiddetti “abbellimenti”.

Per capire esattamente cosa sono, quanti sono e cosa fanno tutti gli abbellimenti vi suggerisco vivamente di aprire un buon libro di teoria musicale e studiarvelo per bene. Qui mi limiterò solo a descrivervene alcuni, quelli probabilmente più usati e più d’effetto sul nostro basso elettrico.

Il primo da citare è sicuramente l’acciaccatura, che consiste nel legare velocemente una nota ad una seconda, che sarà quella più importante ( e cadrà probabilmente sul battere ).

Molto usata in ambito rock, può far spiccare il volo alla vostra linea di basso, se usata con parsimonia e intelligenza.

Un altro abbellimento usato spesso sul basso elettrico è sicuramente il vibrato. Tanto caro ai chitarristi, si può usare ad esempio per terminare una frase solistica o semi-solistica, ma anche in accompagnamento ( sempre con estrema parsimonia ), magari su note lunghe. Per ottenere un buon vibrato esercitatevi a tenere una nota con il terzo dito e a muovere la corda verso l’alto e verso il basso, più o meno velocemente ( meglio guardare il video, se potete, a questo punto ).

L’ultimo abbellimento che vorrei suggerirvi è il trillo; consiste nel legare velocemente 2 note quante più volte si riesca. Anche il trillo se usato con parsimonia può avere il suo fascino, sia in fase solistica che in accompagnamento.

Assimilate queste tecniche, provate a sperimentare, inserendole in giri di basso semplici e ripetitivi di brani che già conoscete bene. Usatele ed abusatene, all’inizio, cercando di capire al meglio come funzionano e cosa possono portare in più alla vostra linea di basso.

Sarà a questo punto che deciderete quali entreranno a far parte del vostro stile, del vostro modo di suonare il basso, cambiandolo, probabilmente, per sempre.

Di |2022-11-02T14:00:48+01:00Febbraio 22nd, 2019|Blog|Commenti disabilitati su LEZIONI DI BASSO: Intenzione, pronuncia e fraseggio

COME SUONARE SUBITO TUTTI I GENERI COL BASSO!

Si, lo ammetto, il titolo può risultare abbastanza ingannevole.

Mi sembra quindi doveroso fare una premessa: non è guardando un video di pochi minuti che si può pretendere di imparare a suonare veramente tanti generi musicali ( “tutti”, come dico nel titolo, è praticamente impossibile anche solo classificarli, se vogliamo ).

Allora perché questo nuovo video? Perché questo articolo?

 

Il vero motivo per cui ho realizzato questa lezione è che mi piacerebbe invitarvi a riflettere sull’importanza di saper affrontare più stili musicali possibile, senza pregiudizi di sorta, preoccupandosi solo del fatto che ogni elemento nuovo può rappresentare un tassello in più nella vostra conoscenza bassistica.

Sia che siate aspiranti artisti o aspiranti turnisti ( vi invito se non l’avete ancora fatto, a leggere questo mio articolo per capire cosa intendo ), avere un ampio bagaglio musicale è di massima importanza. Se siete turnisti ( o vorreste diventarlo ) dovrete essere pronti ad affrontare più situazioni possibili, anche molto diverso tra di loro, e quindi appare scontato conoscerne almeno le basi. Se siete artisti, potreste apparentemente sembrare esenti da questo tipo di lavoro, ma in realtà, se ci pensate bene, è forse ancora più importante per voi.

La conoscenza di più generi e stili porta miglioramenti alla propria visione globale della musica, e se vi lasciate influenzare, da stili magari anche molto diversi dal vostro preferito, vi potrete trovare ad avere nuove idee, in fase di composizione e arrangiamento, che altrimenti non avresete mai avuto.

 

Innanzitutto lasciatemi charire una cosa: se parlo di generi, mi riferisco soprattutto ai grossi “blocchi” della musica: rock, blues, funky e jazz.

Immaginiamo di ragionare semplicemente su questi 4, per poi estendere il discorso a tutti i generi che vogliamo. Ognuno di questi generi è caratterizzato sempre da 2 fattori base: armonia e ritmo.

Della prima ce ne accorgiamo subito ovviamente quando ci riferiamo al jazz o derivati. Sarà capitato anche a voi, almeno una volta, di sentire qualcuno che tenta di rendere più “jazzy” un brano dalle armonie molto semplici: l’uso di accordi particolarmente “tesi”, come si dice in gergo, con l’aggiunta di note alterate, settime, none e quant’altro, è quello che ci porterà in questa direzione. Di contro, se volessimo rendere un brano più “rock”, potremo trasformare i suoi accordi in “power chord”, omettendo le terze ed aggiungendo una sana distorsione, e di sicuro ci avvicineremo al risultato sperato.

Ora, dato per assodato che ragionare dettagliatamente sull’armonia richiederebbe tempo e competenze, e non possiamo permetterci di approfondire l’argomento in queste poche righe, proviamo a concentrarci sulla questione ritmica.

Il discorso fondamentalmente è simile a quello fatto sull’armonia, ma non avendo gli accordi di mezzo, possiamo verificare tutto subito solo con il nostro strumento e l’ausilio di una drum machine ( o meglio ancora di un batterista, se ne avessimo uno disposto a sperimentare con noi ).

Il lavoro da fare è molto semplice: stabilite una semplice progressione di accordi; io per esempio, nel video, ho utilizzato la classica progressione VI-IV-I-V che altro non è che la sequenza di accordi di…”Despacito” ( ok, me lo sono meritato, iniziate pure ad insultarmi…).

Guardate cosa succede se su questi semplici accordi proviamo a suonatr ritmiche diverse. Quello che suona simile, iniza a prendere forme diverse, facendo percepire un “mood” piuttossto che un altro, anche molto diversi tra loro.

Come fare per imparare a gestire queste ritmiche e di conseguenza questi stili, e anche altri?

Qui trovate le partiture complete di ciò che ho eseguito nel video e in aggiunta anche un pdf contenente alcuni patterns di riferimento. Potrete usarli come volete, riadattandoli a qualunque contesto, qualunque sequenza di accordi o brano; imparare a conoscere bene un determinato genere musicale richiede tempo, e in particolare il tempo dovrete impiegarlo per imparare quali sono le idee base di quel genere; ritmicamente parlando, quindi, più patterns conoscerete e meglio saprete gestire quel modo di accompagnare. Ovviamente è altrettanto importante che sviluppiate l’orecchio su un determinato genere anche andando ad ascoltare i dischi dei suoi artisti principali, ma questo, in fondo, è puro divertimento…

E allora, qual è il tuo genere musicale preferito?

Di |2019-02-15T11:43:57+01:00Febbraio 15th, 2019|basso elettrico, Esercizi per basso, musica, teoria musicale|Commenti disabilitati su COME SUONARE SUBITO TUTTI I GENERI COL BASSO!

Flea: quando il funk incontra il punk!

 

Nuova serie di appuntamenti, sia sul mio canale che sul mio blog; analizzerò, nel corso delle prossime settimane, diversi bassisti, cercando di capirne le caratteristiche principali.  Il primo bassista di cui mi andava di parlare è Flea, il celebre bassista dei Red Hot Chili Peppers.

 

Per chi non lo sapesse, i Red Hot pubblicano il loro primo album nel lontano 1984, e fu subito chiaro con chi avevamo a che fare. Nasceva in quel periodo, in California, qualcosa che successivamente avremmo imparato a chiamare “crossover”, un miscuglio di generi e stili musicali decisamente lontani gli uni dagli altri, normalmente. I Red Hot erano infatti in grado di mescolare rap, punk e… funky. Fu grazie a questa terza componente che Flea potè risaltare.

Le sue parti di basso fin da subito si rivelarono “non convenzionali”, caratterizzate da groove molto funk nelle ritmiche ma molto punk nell’intenzione. Il suono del basso di quel tipo si era sentito fino a quel momento in rari casi e quasi sempre legato all’uso del plettro.

Flea invece riuscì nell’intento di rendere funky anche ciò che funky non era…

I primi dischi dei Red Hot suonavano però sicuramente molto strani, forse un po’ troppo strani e non ebbero ancora il successo planetario che arriverà un po’ più tardi.

Nell’88 muore Hillel Slovak, primo chitarrista della band, a causa del suo abuso di sostanze non proprio legali; più o meno contemporaneamente Jack Irons, batterista della band decide di mollare, probabilmente scosso dalla perdita ( lo ritroveremo più avanti nei Pearl jam ).

E’ a quel punto che subentrano i 2 nuovi elementi che insieme a Flea e Kiedis hanno formato i Red Hot Chili Peppers come li conosciamo: John Frusciante e Chad Smith.

I 4 entrano in studio e il primo disco con la nuova formazione  esce nel 1989. Si tratta di Mother’s milk, che ottiene un ottimo successo anche di vendite e consolida la band californiana come una delle più conosciute del momento. Flea si distingue subito e sul disco realizza parti di basso memorabili come quella di “Magic Johnson”, la cover di “Higher ground” di Stevie Wonder, ma soprattutto “Stone cold bush”. Slap e suono potente che si mischiano con il groove più funk, per una sonorità nuova e sconvolgente, per quei tempi.

Ma, come si dice in questi casi, il meglio doveva ancora venire.

Il disco successivo fu sicuramente il capolavoro della band, “Blood sugar sex magik”, che vide i Red Hot chiudersi in una villa fuori Los Angeles per più di un mese. Ne risultò un album in cui il mix di funk, rock e rap aveva trovato la perfezione e non ci fu singolo di quel dsico che non divenne una hit. Per quello che riguarda il basso, Flea utilizzò prevalentemente un MusicMan, a cui aveva fatto riadattare il ponte. Il suono che ne uscì era maestoso e non c’è linea di basso di quel disco che non meriti di essere analizzata e studiata da ogni bassista del pianeta.

Arriva poi il primo momento di crisi di Frusciante che lo porta fuori dalla band; è il momento di Dave Navarro che realizza con i Peppers il disco “One hot minute”.

Al suo rientro, Frusciante accompagna la band nella realizzazione di un altro disco di enorme sucesso commerciale: “Californication”, disco in cui sono contenuti molti brani dalle linee di basso degne di nota ( una su tutte: “Around the world” ).

La favola dei Red Hot finisce poi con il successivo album “By the way”, in cui alla title track, brano dallo stile inconfondibile, vengono alternate parecchie ballads, che caratterizzeranno il sound della band da lì in poi.

Ma nonostante tutto a Flea dobbiamo riconscere sicuramente il merito di aver fatto sposare il funky con tutto quello che è rock: a volte punk, a volte metal, a volte rap… E il risultato, negli anni è stato qualcosa di unico, il suo marchio di fabbrica che ce lo fa riconoscere qualunque cosa suoni, già dalle prime note.

 

Di |2019-02-11T23:23:19+01:00Febbraio 1st, 2019|basso elettrico, Esercizi per basso, Funky music, red hot chili peppers|Commenti disabilitati su Flea: quando il funk incontra il punk!

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